Il presidente della Liguria, Giovanni Toti, occupa una strana posizione nel centrodestra: è uscito da Forza Italia, che pure lo sostiene alle regionali del 20 settembre, ma ha un ruolo a cui nessun candidato di Forza Italia può ambire. E probabilmente lo manterrà, visto che secondo gli ultimi sondaggi Tecnè è in vantaggio su Ferruccio Sansa di 12 punti. Toti si accende quando risponde alle critiche del suo avversario sulla gestione Covid della sanità ligure: “è candidato con quelli che criticava da giornalista. Non hanno neanche avuto la decenza di cambiare le facce”.
Per quanto riguarda il futuro del centrodestra, Toti li chiama “amici” e ci va d’accordo, ma ha una critica per tutti. Guarda molto all’area di centro, anche ad Azione di Calenda. La sua piattaforma politica nazionale, Cambiamo!, è attualmente inesistente nei sondaggi nazionali, mentre a febbraio valeva poco più dell’1%. Ma a livello locale il suo modello funziona, e Toti rivendica la conquista della Liguria: “in 5 anni siamo passati da una regione per l’80% a sinistra a una per l’85% amministrata dal centrodestra”.
Il suo avversario, Ferruccio Sansa, è la sintesi della linea Conte: un ex giornalista del Fatto Quotidiano sostenuto da Pd e 5 Stelle. La sfida a un confronto sul tema della sanità, dicendo che ci sono stati “gravi errori nella gestione ligure”. Cosa gli risponde?
Non sa di cosa parla, o peggio, secondo la tipica dottrina del Fatto Quotidiano, mistifica i fatti. Lo consiglio, per rinfrescarsi la memoria, di rileggersi alcuni suoi testi e articoli sulla sanità gestita dai suoi attuali alleati. Se alcuni piani di investimento e di edilizia sanitaria sono in ritardo o delle vallate non hanno più un presidio medico, lo si deve ai tagli e all’incapacità delle amministrazioni di quei partiti che oggi convintamente lo appoggiano, per altro con le stesse facce. Non c’è neanche stato un rinnovamento.
E alle accuse di Sansa sulla sua gestione sanitaria durante la crisi Covid-19 come risponde?
Si dovrebbe sciacquare la bocca prima di parlare di come si è comportata la sanità ligure durante il Covid: ha dimostrato di essere capace, reattiva. Siamo la prima regione per numero di terapie intensive per abitante in Italia. Abbiamo protocolli di cura all’avanguardia, siamo stati l’unica regione senza scandali che ha reperito dispositivi di protezione individuale da soli: mentre il governo annaspava, in Liguria c’erano le mascherine non solo per i sanitari ma per lavoratori, protezione civile e poi pure per i cittadini comuni. Se Sansa fosse più onesto con se stesso e gli altri non sarebbe male.
Ma il confronto pubblico lo farà o no?
Io sto preparando un piano Covid per l’autunno, non ho tempo per dedicarmi agli ossimori altrui: dietro Sansa c’è una coalizione in disaccordo su tutto, tenuta insieme solo dalle poltrone. C’è un partito con le radici nell’economia del porto come il Pd che ha abdicato al suo ruolo e vive sotto i veti dei 5 Stelle su tutto, a partire dalla Gronda. C’è chi è dalla parte del mondo del lavoro e chi parla solo di sussidi e reddito di cittadinanza. Chi ritiene che le crociere sono gironi danteschi o chi, come me, pensa siano una ricchezza.
Lei ha un ruolo che nessun politico di Forza Italia può aspirare ad avere. Uscirne è stata la scelta giusta?
Non me ne sono andato per tattica, ma per dare il mio contributo a una strategia. Io credo che chi come me viene da un mondo liberale, socialista e riformista ma è convintamente contrario allo schieramento rappresentato dalla sinistra, oggi debba impegnarsi a costruire una gamba di centro per una coalizione di centrodestra che fatica a decollare. Forza Italia, dove ho molti amici, è un partito che vive in retroguardia, tutto orientato al passato e con poco slancio al futuro, poca apertura e voglia di mettersi in gioco. Io sarei potuto stare.
I sondaggi vedono bene un centrodestra sovranista, ma lei lo vede un futuro per un centrodestra che sia conservatore ma riformatore in senso liberale, come quello che esprime la sua piattaforma “Cambiamo!”?
Ma certo che c’è. Il mio partito di centrodestra presidia una parte dell’elettorato di centrodestra che classicamente è sempre stato diviso. Nel centrodestra di oggi c’è un pezzo di storia riformista, liberale, repubblicana, della destra storica, delle autonomie che trovarono in Bossi un sindacato territoriale. Pensare di semplificare tutto con quattro slogan penso sia controproducente, nel lungo periodo.
È proprio sui toni che si sente la distanza tra lei e un centrodestra come quello di Meloni e Salvini.
La Lega ha tanti modi e tante facce. L’amico Salvini ha dimostrato una grande capacità di denuncia dei problemi sottovalutati da altri, e da ministro ha portato anche qualche soluzione, certamente non complessiva, ma non si può chiedere di risolvere problemi complessi in modo semplice. E a volte anche la semplificazione degli amici della Lega e di Fratelli d’Italia è una banalizzazione della politica.
Il politico con cui lei si trova meglio sembra sia Bucci, il sindaco di Genova. Può esistere un centrodestra che punti di più su imprenditori e manager?
In Liguria lo stiamo facendo. Il successo della lista del governatore in Liguria ne è stata la prova. È una lista simile a quella con cui abbiamo portato Bucci a vincere a Genova, a quella che ha portato un sindacalista della Cisl a fare il sindaco di La Spezia, o sindaco di Savona una figura proveniente dal sociale. È il modello che proviamo a proporre agli amici del centrodestra, a volte ci seguono altre volte no. Ma noi siamo per una politica dai toni soft, e le idee hanno bisogno di tempo per maturare.
Ci spiega meglio la sua idea di centrodestra, modello Liguria?
È un centrodestra che rompe gli schemi e supera i suoi confini, dando lo spazio che meritano ai nostri amici sovranisti, ma anche costruendo intorno a loro un’azione politica più ampia. La Liguria dimostrerà che un’offerta di centro, riformista, come quella che presenteremo alle regionali con la lista del governatore, può dare buoni frutti.
Che cosa manca al centrodestra in questo momento?
Bisogna preparare una classe dirigente di livello, cosa che a volte al centrodestra non riesce, perché la cerca nei suoi quadri di partito invece che nella società civile. I sindaci in Liguria sono moderati, e anche se erano candidati come non allineati ormai sono schierati con noi, perché condividono il nostro cammino. La politica è complessa, ma se spiegata con tenacia col tempo viene apprezzata dai cittadini: cinque anni fa la Liguria era all’80% di centrosinistra, ora è all’85% di centrodestra.
Non cerca sponde in altri partiti di centro che condividano le sue politiche riformatrici, come Azione di Calenda?
Con Calenda abbiamo firmato insieme una pagina della Frankfurter Allgemeine Zeitung appellandoci ai tedeschi affinché fossero generosi e ragionevoli e non mandassero in frantumi un qualcosa di già fragile. Secondo noi essere europeisti non vuol dire essere proni e neppure condividere una visione dell’Europa rigida e immobile. Vedremo, non ho ancora capito da che parte voglia stare Calenda.
Al momento non è ancora chiaro. Lei comunque resta aperto al dialogo.
Io non escludo nulla, sono aperto e inclusivo. Parlo con Calenda, ma odio chi pone la pregiudiziale antisovranista come precondizione per il dialogo: coi sovranisti continuerò a parlare e allearmi perché con me hanno lavorato bene e alcuni dei loro temi sono non solo ragionevoli ma doverosi. Dobbiamo uscire dalla politica delle pregiudiziali e delle convenzioni a escludere ed entrare in una politica in cui si ragiona.
(Lucio Valentini)