Non si può negare a Roberto Gualtieri un grande exploit elettorale: in 18 mesi il suo gradimento nelle urne presso il popolo romano è più che raddoppiato. Ma il risultato – chioserebbe un titolista abitudinario – presenta “più ombre che luci”.

All’inizio del 2020 Gualtieri si era presentato – da ministro dell’Economia “giallorosso” in carica – alle suppletive per la Camera per il seggio lasciato libero da Paolo Gentiloni, inviato in extremis a Bruxelles dal Pd dopo il ribaltone dell’agosto 2019. Il voto si tenne per un soffio, domenica 1° marzo 2020, quando già l’ombra del Covid era scurissima sull’Italia. Certamente per questo – ma non solo per questo – al collegio Roma 1 si recò ai seggi solo il 17,6% degli iscritti.



Lo storico capitolino – ex vicedirettore dell’Istituto Gramsci – si aggiudicò facilmente la contesa contro Maurizio Di Leo (FdI), candidato del centrodestra, e Rossella Rendina (M5s). Per la cronaca lo score di Gualtieri fu del 62,2% (pari a 20.304 voti: meno della metà degli oltre 47mila incassati nel 2018 da Gentiloni, premier uscente). Rapportato all’affluenza, tuttavia, il risultato parlava chiaro: il ministro diventava per la prima volta parlamentare italiano (dopo esserlo stato a Strasburgo) con il supporto del 10,9% degli elettori del collegio disegnato attorno al Quartiere Trionfale.



Fra domenica e ieri solo il 40,4% del plenum elettorale romano è andato a votare nel ballottaggio decisivo fra Gualtieri ed Enrico Michetti. Alla forchetta massima assegnata dalle proiezioni in serata, il 60% appannaggio del candidato di centrosinistra rappresenterebbe non più del 24% degli oltre 2 milioni di elettori romani. Virginia Raggi nel 2016 fu votata dal 35% al primo turno (57% di affluenza contro il 48% di due settimane fa) e dal 67,2% del 50,7% (cioè dal 33%) al ballottaggio.

Ora l’attesa è per “le suppletive delle suppletive” per il seggio lasciato libero da Gualtieri, cioè da Gentiloni: rigorosamente nella logica delle “porte girevoli” del centrosinistra, che ha appena riportato Enrico Letta in Parlamento via Siena (col 49% del 36%).



Chissà se sarà la volta buona di Giuseppe Conte, due-volte-premier-mai-eletto? Chissà se vincerà, con quale risultato, con quale affluenza? Chissà se il Pd di Enrico Letta – ma soprattutto quello romanesco e buro-partitocratico di Nicola Zingaretti e Goffredo Bettini – gli assicurerà i voti che M5S non ha garantito a Gualtieri?

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