Come si osserva da tempo, la leadership della Meloni è ampiamente contendibile  in diverse aree del Paese se, e solo se, le opposizioni marciano unite. Che la Sardegna possa essere la marcia nunziale di Conte e Schelin e la marcia funebre per la Meloni lo si saprà a breve. I sardi sono gente concreta e spesso anticipano le tendenze nazionali. E se la scelta sarà verso la candidata grillina sostenuta dal Pd allora si aprirà una fase di corteggiamento nazionale molto insistente.



Il punto è che in periferia i motivi di opposizione alla Meloni uniscono parecchio e la classe dirigente  del centrodestra locale appare un po’ appannata. Il candidato scelto da Giorgia ha le sue grane di posizionamento politico, per dirne una, non avendo il carisma della leader e il suo divagare sui temi dell’antifascismo potrebbe essere un limite. Ma se perdesse sarebbe una sconfitta dovuta all’assenza di politiche sociali della Meloni, che propio nelle aree più depresse ha lasciato un segno legato all’abolizione del Reddito di cittadinanza, unito alle poco chiare intenzioni sul regionalismo che appare sempre più una mina vagante per l’elettorato del Mezzogiorno.



Di contro, il matrimonio forzato tra grillini e piddini piace a chi non vuole pensare troppo e vede nell’unione dei due partiti una necessità più che un’opportunità. Ma ci riusciranno a stare assieme senza accoltellarsi? Le premesse non sono buone visto il tema vero che li divide è uno solo: chi comanda. E Conte non ha intenzione di mollare sulla sua leadership e accetterebbe solo di guidare il corteo nuziale, non di fare da comprimario. Perciò cerca dei patti chiari di cui farsi lui garante a livello nazionale mettendo il Pd in un ruolo subalterno. La Sardegna rischia perciò di diventare un punto di forza elettorale ma di debolezza politica.



La candidata Todde non vuole i due leader sul palco, imboccata da Conte, che vuole far passare il principio che solo una guida grillina può vincere le sfide. E questo rischia di creare una vittoria mutilata in attesa delle europee dando alla Meloni il tempo di riprendere il bandolo della matassa, casomai facendo riflettere la Lega, se uscisse sconfitta dalle urne europee, che abbandonare il Mezzogiorno politicamente al Campo Largo è un suicidio. Perciò il matrimonio in stile sardo di Conte e Schelin può concludersi invece che con i confetti con una bella rissa tra gli invitati se gli sposi non sapranno leggere cosa si cela dietro il consenso che si apprestano a testare.

Se invece vincesse il centrodestra sarebbe la fine di ogni esperimento e il divorzio sarebbe imminente. Perciò, come ogni buon matrimonio non conta tanto il sì che si dice il giorno della cerimonia, ma chi scende la sera a gettare l’umido. Il vero amore è sacrificio, sennò è solo convenienza bieca che dura fintanto che conviene. Nel frattempo godiamoci i confetti. Se ci saranno.

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