Straordinaria affermazione del Labour, storica débâcle Tory e qualche spostamento degli altri partiti, senza che però questi ultimi siano determinanti. Potrebbe essere questo lo scenario politico dopo le elezioni in gran Bretagna di domani, 4 luglio. I sondaggi non danno speranza al partito del primo ministro uscente Rishi Sunak, che in termini percentuali dovrebbe avere la metà dei consensi rispetto ai suoi tradizionali avversari.
Quanto ai seggi, spiega Claudio Martinelli, professore di diritto pubblico comparato e diritto parlamentare nell’Università di Milano-Bicocca ed esperto del sistema giuridico britannico, il divario, viste le caratteristiche del sistema elettorale inglese, potrebbe essere anche più ampio. I conservatori pagano le divisioni interne, gli effetti negativi della Brexit e anche lo scandalo delle scommesse che li ha visti coinvolti in questa campagna elettorale. Keir Starmer, invece, il probabile nuovo primo ministro, viaggia con il vento in poppa e propone un programma che punta a ridurre le disuguaglianze nel Paese.
Professore, stando ai sondaggi neanche la campagna elettorale è servita a Sunak a recuperare almeno un po’ dello svantaggio dai laburisti. Sarà una disfatta Tory?
La campagna elettorale è stata molto dimessa, l’interessante sarà vedere le proporzioni della vittoria laburista, quanti seggi riusciranno ad avere sopra i 400, quanto sarà grande la loro maggioranza. La sconfitta conservatrice si preannuncia di dimensioni storiche.
Gli ultimi sondaggi parlano di un 40% per Starmer e 20% per Sunak, probabilmente andrà a finire così?
Le percentuali non ci dicono tutto. Il divario in termini di seggi sarà maggiore. Probabilmente i Tory avranno molto meno della metà dei seggi dei laburisti.
Il sistema elettorale può premiare oltre misura i laburisti? Come funziona?
Il territorio dello stato viene diviso in 650 collegi che corrispondono ai seggi disponibili. Il sistema è uninominale maggioritario a turno unico. Ciascun partito presenta un solo candidato nel collegio e chi ottiene anche solo un voto in più vince e va alla Camera dei Comuni. Gli altri stanno a casa. Se i laburisti otterranno almeno la maggioranza assoluta, 326 seggi, e tutto lascia pensare che ne avranno molti di più, venerdì mattina il re chiamerà a Buckingham Palace Starmer in quanto parlamentare eletto e leader del partito e lo nominerà primo ministro.
Perché i conservatori rischiano di subire una sconfitta così cocente?
I conservatori pagano una legislatura piena di divisioni interne e di incertezze, in cui sono stati cambiati tre primi ministri. Poi si fanno sentire gli effetti negativi della Brexit, senza che si siano ancora palesati gli aspetti positivi. Hanno pagato una scarsa progettualità per il futuro. Inoltre, durante la campagna elettorale sono stati al centro dello scandalo delle scommesse: personalità soprattutto dell’ambito conservatore hanno utilizzato alcune notizie in relazione allo scioglimento a breve delle camere per scommettere su questo tema. Uno scandalo che ha dato un’ulteriore mazzata ai Tory. C’era coinvolto almeno un laburista, ma lo scandalo è ricaduto soprattutto sui conservatori.
Qual è la contestazione principale che gli elettori fanno all’operato dei Tory? Sono peggiorate le condizioni economiche e sociali?
L’accusa è di non essere stati in grado di introdurre politiche chiare, univoche ed efficaci, in particolare sulle questioni materiali. Direi che però la più importante ragione della loro sconfitta è che si è esaurito un ciclo politico: sono al potere da 14 anni e sistemi come questi vivono di alternanza. Fino a che al vertice dei laburisti c’era Jeremy Corbyn, personalità significativa, ma identitaria a sinistra, il partito non era spendibile: era rappresentato dall’ala che aveva meno appeal sull’elettorato mobile, quello disposto a spostarsi da conservatori a laburisti e viceversa. Starmer, il nuovo leader, ha dato un’identità al Labour proprio quando i Tory perdevano la propria.
Il bilancio finale è negativo per Sunak?
Negli ultimi mesi Sunak è riuscito a domare il tasso di inflazione, ma questa notizia è passata sotto traccia e non è diventata il centro della campagna elettorale: hanno prevalso elementi di carattere sistemico, per cui il ciclo dei conservatori si è chiuso a causa dei loro errori, mentre i laburisti hanno riacquistato credibilità.
Il tema quindi per il partito di Sunak non è tanto la sconfitta, che dovrebbe essere assodata, quanto la necessità di ritrovare la sua strada?
Bisognerà vedere se saprà rigenerarsi, ripensare alla sua identità e individuare un programma con una propria idea del Regno Unito da contrapporre a quella dei loro avversari. Credo che i conservatori debbano passare da un bagno elettorale clamoroso: scene di conflittualità al loro interno come quelle di questi ultimi anni non si erano mai viste.
C’è la possibilità che i conservatori vengano addirittura superati, per esempio, dal partito di Farage?
Dal punto di vista teorico tutto è possibile, ma penso che alla fine non sarà così: le caratteristiche del sistema elettorale premiano molto il radicamento sul territorio. È capitato spesso, anche con partiti guidati dallo stesso Farage, che partiti con grandi fiammate nelle campagne elettorali ottenessero pochissimi seggi. Nel 2014 il suo partito di allora, l’Ukip, aveva vinto le elezioni europee con il proporzionale. L’anno dopo dimezzò i consensi e per i meccanismi del sistema elettorale finì per prevalere in un solo collegio. Vedremo quanto otterranno anche i liberal-democratici, che vengono dati in ascesa. Qualche sondaggio li dà addirittura davanti ai conservatori.
Che tipo di Paese ha in mente invece Starmer?
Il punto nodale del manifesto dei laburisti è il recupero di uguaglianza da due punti di vista: quello individuale, perché dentro il Regno ci sono sacche di disagio economico che devono essere sanate, e quello territoriale, per cui occorrono politiche di collaborazione tra il governo centrale e quelli locali per riequilibrare il tenore di vita tra le varie regioni, anche all’interno della stessa Gran Bretagna. Il programma del Labour ruota intorno a questo: sviluppo economico da tradurre in termini di recupero di uguaglianza fra individui e aree territoriali.
(Paolo Rossetti)
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