DA MINNEAPOLIS – L’attesa, alimentata da radio e Tv che attraverso le breaking news provenienti da destra e da sinistra tengono le nostre antenne e il nostro telefonino costantemente in attività, continua, ma la conclusione dell’avventura elettorale si avvicina. Arriva la notizia che le proiezioni confermano che Biden manterrà il suo lieve vantaggio sul Presidente sia in Wisconsin che in Michigan. Potrebbe essere la pietra tombale sulla presidenza Trump, ma tutti si guardano bene dal dirlo, tutti sono estremamente guardinghi nell’uso delle parole.



Tutti a parte Donald Trump, che già la scorsa notte – senza fondamento – aveva (nervosamente) cantato vittoria. Tutti restano cauti ed in trepidazione mentre procede lo stillicidio del conteggio delle schede ancora da spogliare, gli “absentee ballots”, i voti inviati per posta: Pennsylvania, Nevada, Arizona, Georgia, North Carolina … quegli Stati dove non si sa ancora chi ha prevalso, ed i cui risultati, con le combinazioni più varie, decideranno l’esito di queste strane e drammatiche elezioni. Ma con Wisconsin e Michigan nella cassaforte democratica le opzioni per Trump sono ridotte al lumicino.



Come si diceva da piccoli quando si giocava a nascondino, “chi ha fatto ha fatto, chi non ha fatto si arrangia”. Chi ha votato ha votato, adesso non resta che aspettare ben consapevoli che l’attesa di un responso ufficiale potrebbe essere veramente lunga e snervante. Potrebbe andare ben oltre i tempi dello spoglio perché, se perdesse – come al momento sembrerebbe – Trump non esiterebbe certo ad esigere “re-counts”, riconteggi, ma soprattutto non esiterà a trascinare la battaglia dai seggi elettorali alle aule di giustizia impugnando e contestando la legittimità di valanghe di “voti postali” pervenuti dopo il 3 novembre.



Da tempo, con la sua specialissima capacità di generare astio e sospetti, Trump va parlando di oscure manovre atte a falsare il voto del popolo americano. E ieri notte, fiutando (perché il fiuto non gli manca di certo) l’avvicinarsi dello spettro della sconfitta, ha ribadito le sue intenzioni. Ed ecco che come d’incanto dopo le poche ore di sonno della notte (per quelli che sono riusciti a dormire) il chiarore dell’alba ha portato nuovi scenari proprio a causa degli “absentee ballots”: una progressiva erosione dei piccoli margini che Trump sembrava aver acquisito ai primi spogli negli Stati chiave (i cosiddetti “swing States”, ovvero Stati “ballerini”) a vantaggio di Joe Biden. Siamo a metà pomeriggio di mercoledì ed a questo punto i dati sembrano dire a chiare lettere “Biden”, giunto ormai alla soglia dei famigerati 270 voti elettorali.

Ma mentre stiamo pian piano arrivando ad una certezza in merito a chi abbia vinto la battaglia politica, tutti, democratici in primis, hanno già capito che Trump ha vinto l’altra battaglia, quella che non gli interessa affatto. Ma che una sua valenza oggettiva ce l’ha: la battaglia morale.

I democratici volevano da queste elezioni la prova tangibile ed inequivocabile che il paese, tutto il paese o quantomeno gran parte del paese, voleva voltar pagina lavando via con un colpo di spugna quattro anni a loro avviso inqualificabili fatti di razzismo, sessismo e populismo becero, strumentale agli interessi di ricchi e potenti. L’onda blu (blu è il colore dei democratici) avrebbe dovuto travolgere Presidente e Senato ribaltando completamente i rapporti di forza, vendicando quattro anni di prepotenza repubblicana (la cui più recente manifestazione è stata la nomina alla Suprema Corte di Amy Coney Barrett – ma di questo parleremo), “liberando” il paese e spianando il cammino a quattro anni a venire di cambiamento progressista.

Ma l’onda blu non si è vista. Metà nazione si è arroccata dietro a quella diga di cui Trump non è altro che il simbolo, o meglio, l’incarnazione. Il simbolo sarà anche cascato dal suo piedistallo con tutto il suo essere e fare razzista, sessista e quant’altro, ma la diga ha tenuto quando tutti si aspettavano un totale tracollo, soprattutto a livello di Camera e Senato. La diga ha tenuto. Perché?

Perché non è vero che tutti coloro che hanno votato Trump sono razzisti, sessisti ed ignoranti. È una riduzione troppo grossolana. Come faccio a dirlo? Perché vivo qua da 26 anni, perché ne conosco tanti di quelli che hanno votato Trump, perché un po’ conosco anche me stesso e di fronte alla minaccia dell’ideologia democratica, dello Stato che pretende di dirti ed importi la sua verità delle cose, il pensiero di votare uno come Trump quantomeno ti sfiora.

Biden, pur nella sua lentezza senile, queste cose sembra capirle. La sua apparizione in Tv di poco fa testimonia che il futuro Presidente capisce che siamo seduti su una polveriera e che non ci potrà essere un cammino se non è comune. Quantomeno a livello intenzionale Biden sembra esserci. Sempre che la salute lo assista e sempre che il suo partito, dopo averlo creato, non se lo divori.