ELEZIONI USA 2020. Tra 2-3 giorni sapremo chi sarà il presidente degli Stati Uniti per i prossimi quattro anni. L’attuale situazione interna è decisamente problematica, ma a noi europei interessa soprattutto quale potrà essere la loro politica estera. Quella di Donald Trump la conosciamo, anche se si sviluppa su linee spesso apparentemente incoerenti, e non paiono esservi ragioni per pensare che cambierà radicalmente. È quindi importante cercare di capire quale sarà quella di Joseph Biden se venisse eletto, come indicherebbero i sondaggi.



Può essere interessante riprendere un articolo pubblicato da Foreign Affairs nel numero di marzo-aprile, nel quale lo stesso Biden enuncia il suo programma. L’obiettivo dichiarato è “rimettere gli Stati Uniti alla guida del mondo”, una posizione che Trump, con il suo “America First” avrebbe gravemente compromesso, inimicandosi gli alleati e rafforzando invece gli avversari. Trump non solo ha isolato gli Stati Uniti, ma si è anche allontanato “dai valori democratici che danno forza alla nostra nazione e ci uniscono come popolo”. Biden afferma perciò che il primo passo è riparare i danni alla democrazia subiti dal Paese sotto Trump, per poter poi riaffermare la propria missione di guida del mondo: “Innanzitutto e soprattutto, dobbiamo recuperare e rinvigorire la nostra stessa democrazia, intanto che rafforziamo la coalizione di democrazie che sta con noi in tutto il mondo”.



L’obiettivo finale non sembra diverso dal trumpiano “Make America great again”, ma il tendenziale isolazionismo di “America First” viene sostituito da un  recuperato “eccezionalismo” americano. Infatti: “Tocca agli Stati Uniti fare da guida. Nessuna altra nazione ha questa capacità” e quindi: “Come nazione, dobbiamo provare al mondo che gli Stati Uniti sono preparati a prendere di nuovo la guida – non solo con l’esempio del nostro potere ma anche con il potere del nostro esempio”.

Biden, quindi, promette di correggere gli errori di Trump, ripristinando gli accordi internazionali, a partire da quello di Parigi sul clima, ma si impegna a non sottoscrivere nessun accordo commerciale senza prima aver ”investito sugli americani e averli attrezzati a riuscire nell’economia globale”. “America First non è sparito del tutto, a quanto pare. Particolare rilievo è dato ai trattati nucleari, con in primo piano la riapertura di trattative per un nuovo accordo con l’Iran e poi, con il coinvolgimento della Cina, la denuclearizzazione della Corea del Nord. Sul fronte sempre più importante delle nuove tecnologie, gli Stati Uniti devono porsi alla guida nel forgiare un futuro tecnologico che permetta alle società democratiche di prosperare e di condividere ampiamente questa prosperità. Di certo, aggiunge Biden, la definizione delle regole di questa nuova era digitale non può essere lasciata a Cina e Russia, come sta in parte avvenendo.



Biden sottolinea poi che gli Stati Uniti sono la maggiore potenza militare ed è sua intenzione, con gli opportuni investimenti, mantenere questo ruolo anche in futuro. Tuttavia, sottolinea che l’intervento militare è l’estrema ratio e che continuerà il ritiro delle truppe dall’Afghanistan e dal Medio Oriente, dove l’impegno militare si limiterà alla presenza di truppe specializzate nella lotta contro il terrorismo. Biden si impegna anche a sospendere l’appoggio all’Arabia Saudita nella guerra in Yemen.

La diplomazia deve ritornare ad avere un ruolo essenziale, ruolo che è stato gravemente danneggiato da Trump, e diventa perciò importante il recupero degli alleati tradizionali e la loro azione accanto agli Stati Uniti nella difesa della democrazia. Da qui la necessità di reinvestire nelle alleanze con Australia, Giappone e Corea del Sud, così come di rafforzare i rapporti con India e Indonesia, in un’area che “determinerà il futuro degli Stati Uniti”. Per quanto riguarda la Cina, Biden afferma che occorre essere duri nei suoi confronti, altrimenti continuerà a defraudare le società americane della loro tecnologia e della proprietà intellettuale, facendo concorrenza sleale attraverso le sue società di Stato. Gli Usa dovranno continuare a sostenere il loro impegno “a prova di bomba” con Israele e impegnarsi di più in America Latina e in Africa per lo sviluppo della democrazia e della cooperazione.

Infine la Nato. Biden accusa Trump di aver usato “un ariete” contro l’Alleanza, trattandola come un “racket di protezione” a guida americana, ma si dichiara orgoglioso di avere, con Obama, trattato con gli Stati membri della Nato perché aumentassero le loro spese di difesa. E rimprovera a Trump di essersi attribuito l’operazione. Aggiunge, però, che l’Alleanza trascende le questioni finanziarie: l’impegno degli Stati Uniti è “sacro”, non commerciale, e la Nato è un’alleanza di valori, un baluardo degli ideali liberali e democratici. Che deve essere rafforzata per contrastare l’aggressività russa, imporre sanzioni per le sue violazioni degli accordi internazionali e dei diritti civili al suo interno. In appoggio a tutti quelli che stanno coraggiosamente lottando contro il “sistema autoritario cleptocratico” di Putin.

L’impressione è che le attenzioni di Biden saranno soprattutto rivolte alla situazione interna e in particolare al recupero della travagliata classe media. Significativo che  un capitolo del suo articolo sia intitolato “Una politica estera per la classe media”, incentrato sulla necessità di difendere la sicurezza economica di tale classe, in particolare dagli attacchi della Cina. Appare anche evidente come l’area da cui, secondo Biden, dipende il futuro degli Stati Uniti è l’Asia, mentre l’Europa rimane in sottofondo, meglio, all’ombra della Nato in funzione antirussa. Con la rinnovata richiesta di partecipare maggiormente alle spese del suo mantenimento.