MINNEAPOLIS – E saltò fuori un altro Kennedy. Robert Francis Jr., figlio di Bob ed Ethel, avvocato ambientalista, paladino del movimento contro le vaccinazioni, divulgatore di “conspiracy theories”, tre mogli e sei figli propri (più quelli raccolti nei vari matrimoni). Salta fuori come candidato alla presidenza degli Stati Uniti. Con i suoi 70 anni Robert è praticamente un ragazzo rispetto agli altri due, luminosi esponenti della gerontocrazia americana. Un uomo dalla gioventù sofferta come tanti ragazzi da queste parti, sempre a combattere i dèmoni che lo agitano, un adulto che ha dovuto fare i conti anche con questioni di droga, grazie a Dio superate da tempo.



Robert Francis Kennedy Junior (RFK), democratico da sempre – come tutta la sua famiglia – si era ufficialmente affacciato alla ribalta della politica nazionale nell’aprile dell’anno scorso, ergendosi a sfidante di Joe Biden per la nomination a candidato dei Democrats. Sbattendo da subito il naso contro l’ostilità del partito e di buona parte della sua stessa famiglia, tuttora assai potente. Così RFK dopo qualche mese riassesta e ridirige la sua campagna elettorale proponendosi come condottiero degli indipendenti, cominciando a raccogliere le simpatie, le speranze (ed i soldi, parecchi) di coloro che a votare Biden o Trump proprio non ce la potrebbero fare.



Aggiungete un bel flirt con il Libertarian Party (quelli che si oppongono fermamente a qualsiasi interferenza del governo nelle decisioni personali, familiari e di business), partito già presente sulle schede elettorali di una trentina di Stati, ed ecco che prende forma e colore questo inaspettato terzo incomodo. Che in verità non convince nessuno, ma certamente disturba tutti. E i più “disturbati” sono senza dubbio i democratici, che periodicamente si ritrovano qualche cavaliere solitario a portar via voti ai loro candidati.

Pensate a Ralph Nader ed alla erosione del voto democratico che contribuì a portare alla sconfitta di Al Gore nel 2000 (battuto di un pelo da George W. Bush). Tenete anche conto che RFK per la sua avventura alla ricerca della presidenza si è scelto come vice tale Nicole Shanahan, giovane avvocatessa ed investitrice, 38 anni, fino a ieri grande supporter – a suon di milioni – del partito democratico. Milioni che adesso finiranno nella campagna elettorale di Kennedy.



Ma se Biden piange, Trump non ride. Non è affatto contento, perché un Kennedy (un cognome estremamente familiare e tuttora molto popolare, anche se la cosa non garantisce un bel niente) potrebbe sicuramente attrarre un voto repubblicano moderato, per non parlare della possibile attrazione degli incerti, che oggi come oggi sono davvero tanti.

I sondaggi danno RFK nei paraggi del 15% con qualche punto percentuale in meno negli “swing States”, quelli che ogni tanto vanno a destra ed ogni tanto a sinistra, e che di fatto sono gli Stati che presumibilmente decideranno la corsa. Insomma, nessuno si aspetta che RFK diventi il nuovo presidente, ma Biden teme che quel “15%” vada a mangiarsi voti che sarebbero suoi, e Trump, al di là della sua solita spavalderia, si ritrova con una preoccupazione analoga.

La “nostalgia dei Kennedy” fa così nuovamente capolino nelle case di un tot di americani, mentre i supporters di RFK continuano a rastrellare firme per apparire sulle schede elettorali di tutto il Paese. Ce la faranno? Ma ci credono davvero? Le domande aperte abbondano. E tra le tante domande, la solita: ma è possibile che in un Paese di 333 milioni di esseri umani si vada a pescare candidati alla Presidenza tra figli, fratelli, coniugi, cugini e nipoti di chi Presidente è già stato?

Eppure, ci saremmo liberati della monarchia già dal 1776…

God Bless America!

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