I problemi di Joe Biden sono evidenti, ma i democratici fino all’ultimo dibattito tv con Trump non li hanno considerati. Anzi, lo staff del presidente avrebbe messo in atto tutta una serie di accorgimenti, limitando le apparizioni e le situazioni che potevano metterlo in difficoltà, per fare in modo che il pubblico non li notasse. Ora però una parte del partito chiede ufficialmente di cambiare candidato e molti altri manifestano le loro perplessità su Biden e le sue condizioni di salute.



Il presidente però, spiega Francis X. Rocca, giornalista americano ex corrispondente del Wall Street Journal in Italia, non molla. È noto per la sua determinazione e solo ulteriori e ripetute défaillances potrebbero indurlo a prendere atto della realtà e a farsi da parte. Ogni occasione pubblica ora diventerà un esame, cominciando dal vertice NATO che si sta svolgendo in questi giorni a Washington. Molti finanziatori del partito, intanto, restano perplessi e preferiscono dirottare i loro fondi sui candidati alla Camera e al Senato, per evitare che i democratici, dopo la corsa alla presidenza, possano perdere seggi anche lì.



Come mai i democratici si sono posti il problema della candidatura di Biden solo ora? Davvero non potevano accorgersi prima delle sue condizioni?

Fino al dibattito tv sono riusciti a negare che ci fosse un problema, sostenendo che il presidente era solo un po’ distratto, ma che in realtà era ancora acuto nelle sue osservazioni. Poi non è più stato possibile sostenere questo. Il Wall Street Journal ha spiegato quali sono gli stratagemmi utilizzati dai componenti dello staff di Biden per tenere nascosti i segni di invecchiamento. È vero che comunque dai video si capiva che le sue condizioni stavano peggiorando. Penso che i democratici non volessero crederci. Ora però non è un momento facile per fare cambiamenti.



I media potevano affrontare con più decisione il tema della salute di Biden?

La stampa ha dovuto muoversi con cautela: era difficile ottenere testimonianze dirette. Bisognava basarsi sui dibattiti pubblici.

Quando ha partecipato al G7 in Italia in certi filmati Biden sembrava davvero spaesato. Non poteva essere sufficiente?

Diversi giornalisti hanno riconosciuto che in un ambiente così polarizzato, in cui facendo presente i problemi di Biden si veniva accusati di sostenere Trump e di fare propaganda, bisognava essere molto sicuri di quello che si scriveva. Il WSJ ha pubblicato un servizio sul tema il mese scorso in cui ha dovuto citare quasi esclusivamente i repubblicani. I democratici non volevano essere citati.

Ora Biden ha il partito contro? O comunque spaccato sulla sua permanenza come candidato?

Una minoranza di deputati si è esposta chiaramente, altri si sono limitati a dire di essere preoccupati. Citati anonimamente sui giornali, però, molti dicono di non volerlo più come candidato. Ora si stanno esprimendo anche molti che contribuiscono con i loro fondi alla campagna elettorale. Altri ancora, infine, si limitano a dire che non credono che possa vincere le elezioni, senza spingersi ad ammettere che non può fare il presidente, che deve dimettersi da candidato.

Dietro la richiesta di cambiare non ci sono l’establishment democratico e i finanziatori del partito che vedono in Biden un rischio?

Alcuni temono che la sconfitta di Biden possa avere delle conseguenze anche sull’elezione di deputati e senatori, con il rischio di perdere il Senato e di non riconquistare la Camera, tanto che qualcuno preferisce sostenere finanziariamente questi candidati piuttosto che Biden.

Ma c’è la possibilità concreta che l’attuale presidente si ritiri dalla corsa alla rielezione?

Diverse testate hanno riportato la notizia di Biden sottoposto a una visita da parte di uno specialista del morbo di Parkinson (ufficialmente con esito negativo, nda). Se dovessero uscire informazioni di questo tipo, la pressione su di lui potrebbe aumentare. La decisione comunque rimane nelle sue mani.

Michelle Obama sarebbe una candidata vincente?

Secondo alcuni sondaggi, la vicepresidente Kamala Harris andrebbe più o meno come Biden. Michelle Obama sarebbe una grande scommessa. Ci sono comunque altri candidati e si parla della possibilità di procedere rapidamente alla valutazione di questi nomi. Su Michelle Obama ho qualche dubbio: Biden dovrebbe rinunciare e contemporaneamente tutti gli altri aspiranti candidati dovrebbero farsi da parte per lasciare spazio a lei. Forse sarebbe vista come una procedura molto poco democratica. E poi non c’è motivo di pensare che lei voglia farlo.

Diversi sondaggi ora dicono che il divario fra Biden e Trump è aumentato notevolmente: prima la distanza era di 1 o 2 punti, ora di 5 o 6. Non possono bastare a far rinunciare Biden?

Evidentemente no. La testardaggine è una qualità emblematica di Biden, parte del suo successo è dovuto a questo. È una caratteristica della sua personalità che lo porta a resistere. Certo, un’altra umiliazione potrebbe cambiare le cose, ma il prossimo dibattito sarà a settembre. Questa settimana dovrà sostenere una conferenza stampa perché a Washington si tiene il vertice della NATO. Di fronte a una nuova performance disastrosa la sua famiglia potrebbe convincerlo a lasciare. Lo stesso potrebbe succedere se ci fosse una diagnosi credibile sulle sue condizioni che lui però ha tenuto nascosto. In questo momento, tuttavia, parla come se non fosse successo niente di preoccupante.

Tutto si deve risolvere prima della convention democratica di agosto?

Sì. Se dovesse peggiorare molto, però, a settembre potrebbe subentrare la Harris, il cui nome a quel punto sarebbe già sulla scheda elettorale.

(Paolo Rossetti)

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