MINNEAPOLIS – Voto popolare e Collegio elettorale, si può vincere il primo e perdere l’altro. Avere la maggioranza dei voti e perdere la Casa Bianca. È successo anche in tempi recenti ad Al Gore e Hillary Clinton. Così funziona il sistema elettorale che assegna grandi elettori Stato per Stato, non in base al totale generale del Paese. Lo si sa e così sia. Ma quel che oggi rende particolarmente nuvoloso-tendente a pioggia il cielo del Partito democratico è quanto emerge dall’ultimo sondaggio nazionale sul voto popolare condotto dal New York Times e dal Siena College, sondaggio fresco del 23 ottobre. Nel loro testa a testa Kamala Harris e Donald Trump appaiono a corna incrociate, incastrati al 48%. Segnale “bruttino” per i liberals, che di solito nel popular vote sono sempre un passettino più avanti ai conservatives, senza contare il fatto che – come abbiamo accennato in altre occasioni – c’è una fetta di popolazione che voterà Trump ma non lo ammetterà mai, neanche in un sondaggio.
Mancano una manciata di giorni al 5 novembre e dopo un dibattito presidenziale (scadente), un dibattito vicepresidenziale (vivace), due, forse tre, attentati alla vita di Donald Trump, decine di rallies, raduni, attraverso quei sette Stati che presumibilmente faranno la differenza (i cosiddetti Swing States, Stati “ballerini” che spesso cambiano bandiera) e centinaia di milioni di dollari spesi in pubblicità elettorali perlopiù decisamente sgradevoli, ci ritroviamo, come si dice al mio paesello, “da piedi al pero”. Zero a zero.
Nel frattempo, nel tentativo di smuovere un po’ le acque, il tono della campagna si è incattivito. La Harris nella sua recente uscita in Pennsylvania (Town Hall con Anderson Cooper della CNN), mostrandosi ancora una volta veramente poco capace di sostanziare temi e contenuti, ha passato tutto il tempo a sventolare gli spettri della morte della democrazia che una vittoria di Trump porterebbe. Francobollandolo più volte come “fascista”. La risata travolgente che spesso esibisce non basta certo a rimpolparne la caratura politica e umana. Già, cosa ce ne facciamo di un presidente dalla risata travolgente? Trump d’altro canto appare rabbuiato, bitter, piuttosto incoerente. Non si capisce se è il pedaggio dell’età o la paura di perdere. Probabilmente una combinazione delle due cose. Fatto sta che parla tanto (i suoi discorsi si sono andati dilatando) riuscendo a dire poche cose e ben confuse. Ma soprattutto è il senso di fiducia e di energia trainante, quell’inno a far di nuovo grande l’America che hanno perso smalto. Ormai Donald Trump non fa altro che lanciare anatemi e giurare vendetta nei confronti di tutti coloro che – a detta sua – lo hanno perseguitato. Insomma, un Trump formato Charles Bronson.
Così mentre i democratici cercano di dare un qualche contenuto di sostanza alla Harris, i repubblicani cercano di normalizzare Trump, di renderlo presentabile. E l’elettorato resta bloccato sulle proprie idee di sempre, come il sondaggio di cui dicevo documenta. Ma voi per chi votereste?
God Bless America!
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