Biden assolto nell’inchiesta sui documenti riservati che si era portato a casa quando era vicepresidente di Obama, ma punzecchiato dal giudice sulle sue capacità cognitive. Trump in attesa della decisione della Corte Suprema sulla estromissione dalle elezioni in Colorado, anche se le previsioni sono di un verdetto a suo favore. Due vicende che sembrano mettere in dubbio quello che da tutti è indicato come il duello delle prossime presidenziali di novembre.



In realtà, spiega Massimo Gaggi, corrispondente dagli USA per il Corriere della Sera, la candidatura di Donald Trump per i repubblicani è molto meno in discussione rispetto a quella di Joe Biden per i democratici. L’attuale presidente per rispondere alle osservazioni del giudice sulle sue capacità ha tenuto una conferenza stampa in cui per certi versi ha invece confermato la sua debolezza, confondendo il presidente dell’Egitto con quello del Messico, prestando il fianco alle critiche anche in campo democratico. Le primarie, però, ormai sono state avviate, Biden potrebbe rinunciare solo in agosto all’atto finale di questa prima fase della campagna elettorale. Ma sarà lui a doversi convincere della necessità di una eventuale rinuncia a candidarsi.



Alla luce delle vicende giudiziarie che riguardano Biden e Trump c’è ancora la possibilità che il duello delle presidenziali a novembre non sia tra loro due?

Sono vicende che fanno molta sensazione, sia quello che succede a Trump sul piano giudiziario, sia il decadimento fisico di Biden. Nel caso dei repubblicani rimane l’assoluta improbabilità che ci sia un candidato diverso da Trump: giudiziariamente quello che sta avvenendo indica che gli ostacoli dal punto di vista legale stanno cadendo. La previsione che non ci sarebbe stata nessuna condanna o che non ci sarebbe stato un ostacolo giudiziario alla sua candidatura si sta rivelando esatta: stiamo andando verso quella direzione. Dal punto di vista politico la candidatura di Nikki Haley è praticamente inesistente: quello che è successo in Nevada lo dimostra. Non tanto per il 99% che ha preso Trump in un voto, quello del partito, in cui lei non c’era, quanto per quello che è successo nei giorni precedenti, nel voto statale, in cui c’era lei e non Trump: hanno prevalso le schede con la dicitura “nessuno di questi”. Ha perso anche se era da sola.



Dalla Corte Suprema Trump non ha niente da temere?

Le indicazioni che sono venute dal dibattimento sono abbastanza chiare: non solo i giudici conservatori ma anche quelli progressisti hanno fatto capire chiaramente che l’idea che un singolo Stato, il Colorado, possa decidere chi si candida e chi no, è una cosa che non sta né in cielo né in terra. Aprirebbe un vaso di Pandora per cui in futuro ogni Stato che decida che un candidato ha fatto qualcosa di legalmente discutibile potrà escluderlo dal voto. Non passerà mai. Decideranno nelle prossime settimane, prima di marzo, ma da quello che è emerso in udienza finora penso che il verdetto finirà otto giudici a uno o addirittura nove a zero per Trump.

Anche Biden ha superato dei guai giudiziari, ma il modo in cui è arrivata l’assoluzione lo ha messo in cattiva luce. Paga sempre le sue défaillances a livello fisico e verbale?

Ha chiuso la vicenda giudiziaria dei documenti riservati dal punto di vista legale e il procuratore, che è repubblicano, ha approfittato dell’occasione per punzecchiarlo sulla sua prontezza mentale. Biden si è offeso ed è comprensibile, ma ha fatto una conferenza stampa che dal punto di vista dell’immagine ha peggiorato la situazione. Si è confuso di nuovo, ha scambiato il presidente egiziano con quello del Messico. Cose che possono succedere, ma ne ha fatte due o tre e ha dato un’immagine di sé sempre più stanca. La lucidità mentale ce l’ha ancora, al di là della confusione sui termini, ma è chiaro che c’è un decadimento che lo mette in una situazione molto difficilmente recuperabile dal punto di vista mediatico, cosa che ormai notano anche molti commentatori democratici.

Per adesso però il candidato designato per i democratici rimane lui?

Le primarie ormai sono cominciate e non c’è nessuna possibilità di cambiare il percorso. L’unica possibilità che rimane è quella di un cambiamento alla convention di agosto o, se lui rinuncia, alla vigilia della convention. È tutto sospeso fino a quella scadenza.

Tra i due grandi contendenti, quindi, è più facile che cambi Biden piuttosto che Trump?

Sì, direi decisamente di sì.

Ma il candidato repubblicano non potrebbe essere condannato prima?

Visto che la Corte d’Appello ha respinto la tesi della totale immunità di Trump durante e dopo la presidenza, il processo di Washington per l’assalto al Congresso del 6 gennaio, che era stato sospeso, potrebbe essere rimesso in pista. Era previsto per il 5 marzo e il giudice potrebbe riaprirlo qualche settimana dopo. Ma è un processo complesso e il giudizio della Corte d’Appello è stato impugnato dagli avvocati di Trump che hanno fatto ricorso alla Corte Suprema. Anche in questo caso bisognerà vedere che tempi si prenderanno i giudici per una vicenda che è diversa da quella del Colorado. Ci sono dei meccanismi che potrebbero consentire agli avvocati di ottenere una dilazione. Lo sappiamo anche in Italia: avere il rinvio di un processo non è così difficile.

Qui però ci sono delle elezioni fissate a novembre, c’è bisogno di fare in fretta.

Ci sarà sicuramente una pressione per arrivare a un processo, anche perché, se dovesse venire eletto, poi Trump cancellerebbe tutto. Si parla della possibilità di un processo ad agosto o settembre: mi pare che un processo alla vigilia del voto sia molto pericoloso e rischia di essere un regalo politico ulteriore a Trump. Anche in caso di condanna potrebbe continuare a candidarsi, con la gran parte del Paese che pensa che sia un perseguitato e lo andrà a votare.

Il borsino degli eventuali sostituti di Biden è sempre fermo al governatore della California Gavin Newsom, a quella del Michigan Gretchen Whitmer o al pari grado del Kentucky Andy Beshear?

Sono sempre quelli: i tre governatori più la wild card di Michelle Obama che al momento è difficile da valutare; finché Biden è in pista nessuno si può fare avanti.

(Paolo Rossetti)

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