La sua attesa è finita: Donald Trump è stato giudicato colpevole di tutti i 34 capi di accusa nel processo contro di lui a New York. Avrebbe usato i fondi elettorali per comprare il silenzio di Stormy Daniels e Karen McDougal. Sarà il primo candidato a correre per la Casa Bianca da pregiudicato, nondimeno potrà ancora essere eletto. Mentre il tycoon parla di giudice corrotto e processo politico (la condanna sarà stabilita in una sentenza successiva), Biden riflette su una campagna elettorale che non decolla: è arrivato a poca distanza dal rivale nei sondaggi, ma si è fermato lì e non sembra riuscire a fare quel salto di qualità che gli permetta di sopravanzarlo. Ora si tratterà di capire se e come la condanna inciderà sul gradimento di Trump.



A penalizzare Biden, osserva Rita Lofano, direttore responsabile dell’AGI, è la guerra a Gaza, in relazione alla quale è costretto a continui equilibrismi tra il sostegno a Israele e le dichiarazioni sulla necessità di salvaguardare i civili palestinesi. Resta ancora da definire poi quale sarà il ruolo del terzo incomodo, Robert Kennedy Jr., ora preso di mira da Trump per paura che sottragga voti al suo elettorato, anche se non è ancora tramontata l’idea di un ticket repubblicano con Kennedy vicepresidente. In fondo anche la Haley ha detto peste e corna di Trump fino all’altro ieri e adesso potrebbe entrare nel suo team.



Trump diceva che avrebbe posto fine alla guerra in Ucraina in poche ore, adesso invece paventa addirittura la possibilità di bombardare la Russia e la Cina. Le lobby delle armi lo hanno convinto a stare dalla loro parte?

Credo che voglia marcare la differenza rispetto a Biden. Il presidente è sempre sul “sì, ma anche” sia in Ucraina che in Israele. Un esempio: ha condannato la decisione della Corte penale internazionale sulla richiesta di mandato di arresto contro Netanyahu, ma ha respinto la proposta repubblicana di sanzionare la Corte stessa. Trump vuole accreditarsi come una persona che decide, che non tiene insieme una posizione e il suo opposto. Non per niente aveva detto che se fosse stato alla Casa Bianca avrebbe fermato subito le proteste pro Palestina degli studenti. È molto assertivo. Aggiungerei poi qualche considerazione sul riavvicinamento a Nikki Haley: Trump ha dichiarato che farà parte della sua amministrazione e la Haley è stata criticata per essersi schierata a fianco di Israele e di Kiev. Ci leggo una valutazione sul fatto che la sua ex avversaria interna possa entrare nel ticket o fare il segretario alla Difesa.



Trump avrebbe cambiato idea anche per ottenere il sostegno della Haley?

Deve guardare all’elettorato di chi sostiene Kiev e Israele senza se e senza ma. A Trump serve parlare ai sostenitori di Haley e differenziarsi da Biden, che è oggettivamente in difficoltà in virtù di queste guerre: il presidente attuale non può andare contro Israele ma deve fare un calcolo elettorale e chiedere di difendere i civili palestinesi. Rimane in mezzo, non prende posizione e tutto ciò lo sta penalizzando. In aprile per la campagna elettorale ha raccolto 51 milioni di dollari contro i 76 di Trump: è il primo mese che viene sopravanzato in questo. Un segno, un indicatore da non trascurare.

Trump ha annunciato che potrebbe vietare la vendita delle auto elettriche e nelle stesse ore si è cominciato a parlare di Elon Musk come suo collaboratore. Vieterà la vendita solo di quelle cinesi?

Quando andò alla Casa Bianca mise i dazi sui prodotti cinesi, ma poi invitò a Mar-a-Lago Xi Jinping. Anzi, dichiarò di ammirarlo come uomo forte, senza rinunciare all’America First. Musk ha un’altra valenza: la Silicon Valley stava switchando il suo supporto da Biden a Trump. Ora bisognerà vedere cosa accade dopo il verdetto di colpevolezza.

Trump comunque resta in vantaggio negli Stati in bilico.

Non solo, ha detto che vuole tingere di rosso lo stato di New York, storicamente democratico: sta utilizzando una strategia palesemente d’attacco.

Biden per un po’ ha recuperato nei sondaggi arrivando all’1% da Trump, ma continua a rimanere dietro. Cosa lo penalizza: ancora la sua età, l’incapacità di far pesare i buoni risultati dell’economia e la guerra a Gaza?

Un po’ tutto. Le guerre stanno pesando molto, soprattutto quella di Gaza: l’alleanza con Israele non può essere messa in discussione, ma dal punto di vista elettorale questo è un problema. Biden deve misurare le dichiarazioni, Trump può dire quello che vuole. I nodi per lui sono sempre quelli. Biden è personalmente in difficoltà: nei sondaggi relativi ai senatori che devono essere eletti, i democratici sono in testa. Il problema è il presidente.

Gli Stati in bilico in cui Biden ha un distacco che pare ancora recuperabile sono Wisconsin, Michigan e Pennsylvania. Negli altri è troppo indietro?

Sì, però è tutto relativo. Biden è diversi mesi che si conferma indietro, in questa fase la campagna elettorale per lui è in salita.

Il ticket Trump-Kennedy? Ora il tycoon attacca il suo avversario indipendente, sembra che abbia paura di perdere voti a causa sua.

Kennedy sta salendo. Comunque, anche Haley e Trump si dicevano di tutto, invece l’ex avversaria farà parte della squadra. Non darei così per scontato che non si farà il ticket. Se Kennedy dovesse andare ancora bene nei sondaggi, metterlo nella squadra potrebbe essere un bel colpo.

Sulle politiche green e certe scelte industriali sono in disaccordo completo, come possono intendersi?

Si tratta di un calcolo elettorale, non devono necessariamente vederla allo stesso modo su tutto. Quello che potrebbe interessare Trump è avere un Kennedy in squadra, un nome che conta.

Se Kennedy si presentasse da solo, come sembra finora, potrebbe, invece, diventare l’ago della bilancia? A chi toglierebbe voti principalmente?

È più facile che tolga voti a Trump che non a Biden, credo che parli al suo stesso elettorato. Poi dobbiamo vedere anche cosa succede nella campagna elettorale: per il momento non c’è stato uno scontro diretto tra Biden e Kennedy, la cui famiglia, comunque, ha preso le distanze da lui.

Biden per riuscire a recuperare cosa dovrebbe fare?

Riuscire a risolvere la situazione a Gaza. E invece la vedo lunga, perché i segnali che arrivano parlano di una guerra che durerà ancora molto. La fine del conflitto lo aiuterebbe, ma al momento non mi sembra che ci siano le condizioni perché succeda.

(Paolo Rossetti)

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI