MINNEAPOLIS – C’è l’economia con l’inflazione sempre dietro l’angolo, c’è la politica internazionale con drammatiche guerre che sembrano senza via d’uscita, ci sono le interminabili beghe giudiziarie di Trump ed i misteri sulle condizioni di salute di Biden… ma quando si arriva al dunque dell’esprimere un voto, il punto caldo, il grande spartiacque soprattutto per il mondo cristiano è e rimane l’aborto. E guardate che per quanto in declino, oggi come oggi la “cristianità” americana (protestante, cattolica e mormone) rappresenta ancora più del 60% della popolazione, un numero che ne fa il “popolo cristiano” più numeroso del mondo. Dal 1973, quando divenne legale, per un numero altissimo di americani l’aborto è diventato il fattore decisivo, l’elemento discriminante in campagna elettorale. In altre parole, si vota un candidato piuttosto che un altro in ragione della sua posizione rispetto all’aborto. E basta. Non ci sono né immigrazione, né tantomeno pena di morte che reggano al confronto.



In questi trent’anni l’ho toccato con mano trovandomi infinite volte a discuterne con amici e conoscenti durante le ormai tante presidenziali a cui ho dapprima assistito e poi partecipato: da Dole contro Clinton a George W. Bush contro Al Gore prima e John Kerry poi, McCain contro Obama e dopo di lui Mitt Romney sempre contro Obama. Fino ad arrivare a Trump contro Hillary Clinton e Trump contro Biden, guarda caso l’unico “cattolico” della lunga lista e favorevole al diritto di aborto.



Dunque, aborto anzitutto, che (semplificando) ha significato appoggio incondizionato (ed acritico) alle promesse antiabortiste del partito repubblicano da parte del mondo cristiano in questi ultimi 50 anni. Nel giugno del 2022 la Corte Suprema – una Corte Suprema rinnovata per 3/9 dal “destino” e da Trump – ha ribaltato la questione ponendo fine alla tutela costituzionale dell’aborto. L’aborto, ha decretato la Corte, non è più un diritto difeso dalla Federazione. Questo significa che la Federazione degli United States rimette ai singoli Stati il potere di decidere in merito alla legittimità o meno della pratica abortiva. La varietà di decisioni in questo senso è già più che abbondante, con una legittimità che va dalle 12 settimane di gravidanza, a 20, 22, 23, 24 …fino a praticamente il termine previsto per il parto.



Anche il mondo cattolico vive le sue belle divisioni in merito alla questione. Secondo il Pew Research Center circa tre quarti dei cattolici statunitensi (76%) affermano che l’aborto dovrebbe essere illegale in alcuni casi ma legale in altri. Solo uno su dieci sostiene l’illegalità assoluta in tutti i casi, senza eccezioni, mentre una quota simile (13%) ritiene che l’aborto dovrebbe essere legale in tutti i casi, senza eccezioni.

Tenete anche conto che i sondaggi a livello globale – per l’attendibilità che i sondaggi possono avere – ci dicono che il 62% degli americani sono favorevoli alla legalità dell’aborto, mentre il 36% sono contrari o auspicano severe limitazioni. In questo scenario saltano fuori la recente pronuncia della Corte Suprema dell’Arizona e l’uscita di Donald Trump di rimbalzo rispetto a detta pronuncia. La Corte Suprema dell’Arizona ha affermato che il divieto quasi totale di aborto imposto da una vecchia norma del 1864 (in piena guerra di secessione) nel suddetto Stato prevale su una nuova legge che limita gli aborti alle 15 settimane, mettendo fuori legge tutte le pratiche abortive tranne quelle rese necessarie a salvaguardare la vita della madre. Interpellato in proposito, Trump ha dichiarato che una volta rieletto Presidente non cercherà di imporre norme federali contro l’aborto. Saranno i singoli Stati, con i propri organi eletti dai cittadini, a legiferare in merito.

Certo, così dicendo Trump non ha inventato niente, ma non è questo ciò che i suoi appassionati sostenitori anti-abortisti volevano sentirsi dire. Come reagiranno? Se pensate che nel mezzo della campagna elettorale del 2016 con una delle sue tante “sparate cerca-voti” dichiarò pubblicamente che “Women should be punished for seeking abortion”, le donne che ricorrono all’aborto andrebbero punite…

Cosi come non ho mai dubitato che l’ostilità di Donald Trump all’aborto fosse squisitamente strumentale (piuttosto che ideale), così non dubito che lo sia questa nuova uscita, che sembra strizzare l’occhio a quell’elettorato meno intransigente e più moderato su cui Trump ha poca presa. Qualcosa guadagnerà, qualcosa perderà. Avrà fatto bene i suoi conti?

Intanto che aspettiamo che Donald esca dalle aule del tribunale dove sta passando le sue giornate, e intanto che proviamo a immaginarci come lui e Biden arriveranno al loro primo dibattito del 16 settembre, ancora così lontano, stamattina (ieri, ndr) un articolo di Michael Lind sul Tablet mi strappa un sorriso amaro … “Attraversamenti illegali incontrollati delle frontiere, chiese in declino, famiglie in disintegrazione, proliferazione di presidi con diversità e lauree senza valore contribuiranno a garantire che il futuro americano sia in gran parte miserabile e che le persone che erediteranno quel futuro siano democratici”.

Democratici o repubblicani che siano, qui c’è una civiltà da ricostruire.

God Bless America!

 

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