Un malessere profondo, che si è manifestato nella protesta pro-Palestina, ma che ricorda quello del movimento “Black Lives Matter”. Va oltre il caso specifico della guerra a Gaza e sta mettendo in difficoltà Joe Biden: i giovani delle università che contestano l’approccio di Israele al conflitto nella Striscia dovrebbero far parte del suo elettorato, ma si stanno rivoltando in diversi Stati americani. Proprio contro quel Paese, Israele, che l’amministrazione democratica, al di là delle prese di posizione contro l’operazione a Rafah o i mancati aiuti umanitari ai palestinesi, ha sostenuto con invii miliardari di armi. Per questo Biden, che ora nei sondaggi se la sta giocando con Trump, vorrebbe chiudere questa pagina per evitare che la protesta indebolisca i dem.



Intanto, la lotta fra l’attuale presidente USA e il suo predecessore vede anche un altro protagonista, quel Robert F. Kennedy Jr. che, spiega Rita Lofano, direttore responsabile dell’AGI, nonostante la famiglia di provenienza, per contenuti si avvicina più a Trump che a Biden. Il terzo incomodo è accreditato di un numero di consensi fra l’11 e il 13% e rischia di essere l’ago della bilancia delle presidenziali di novembre. A meno che, come qualcuno ha ipotizzato, Trump non gli chieda di presentarsi come suo vicepresidente: i repubblicani non hanno ancora scelto chi sarà l’eventuale numero due della Casa Bianca.



Che impatto sta avendo la protesta pro-Palestina nelle università americane sulla campagna elettorale delle presidenziali di novembre?

I giovani potrebbero fare la differenza in queste elezioni e poi c’è l’esperienza del Michigan, dove 100mila arabo-americani non hanno votato per Biden alle primarie per protesta contro quello che sta succedendo a Gaza. La campagna elettorale si intreccia con temi politici e una polarizzazione sociale che ricorda la protesta del 2020 con il “Black Lives Matter”, contro il razzismo: anche allora c’erano giovanissimi che scendevano in piazza. Una delle richieste degli studenti è di rescindere i contratti di collaborazione con Israele in campo accademico. Alcune università hanno deciso di farlo, ma questo non è bastato per mettere fine alle manifestazioni, sintomo che la protesta va ben oltre la Palestina.



Non è solo una contrapposizione tra filo-palestinesi e sostenitori di Israele?

L’attivismo dei giovani è un bel segnale, la libertà di manifestare è da supportare, ma il problema non è solo Gaza. Tutti sono d’accordo di fermare la strage dei civili ma gli obiettivi del movimento non sono ben chiari. Se la protesta continua nonostante la rescissione dei contratti con Israele vuol dire che c’è una rivendicazione sociale più profonda, sintomo di un’America spaccata.

Biden è intervenuto anche in modo deciso sulla questione chiedendo di smettere con queste proteste. Teme di venire danneggiato in termini di voti?

Comunque c’è violenza, esacerbata da gruppi che sono esterni alle università. Mio figlio studia a UT Austin, università pubblica e molto liberal, e mi dice che c’è un sacco di gente che non ha niente a che vedere con il campus: vengono mascherati e aizzano le persone. Poi c’è una componente di antisemitismo triste da rilevare: come se non si riuscisse a distinguere tra gli ebrei e neanche Israele, ma le scelte politiche del governo israeliano. Come per Gaza non si distingue tra palestinesi e Hamas. Biden di fronte a tutto questo prima è rimasto in silenzio, poi ha detto che è giusto protestare ma bisogna evitare la violenza. Nello stesso tempo, però, non ha smesso di sostenere Israele. Il sostegno degli ebrei dal punto di vista di voti e finanziario per lui è importante.

Queste proteste hanno messo in evidenza anche divergenze interne ai democratici?

Alcuni democratici hanno detto: “Ma come, abbiamo un ex presidente a processo per l’assalto al Congresso, e qui, dove ci sono assalti alle istituzioni accademiche, va tutto bene?”. Per questo Biden è stato un po’ messo nell’angolo, è dovuto intervenire contro la violenza negli atenei.

È solo Biden a poter essere danneggiato dalla situazione? Trump potrebbe sfruttarla attaccando il suo avversario?

Quello che ha detto Trump è riduttivo. Le proteste non sono frutto solo di gruppi di estremisti di sinistra. Ci sono tanti giovani che manifestano convinti. Biden, però, sta cercando di barcamenarsi: dice che sono inammissibili le violenze dei coloni israeliani, le posizioni del tipo “sì, ma anche”, tuttavia, sono pericolose in chiave elettorale.

I sondaggi cosa dicono, la protesta nelle università sta penalizzando il candidato democratico?

Siamo ancora al testa a testa. Biden era cresciuto in alcuni Stati in bilico, tanto che ha dichiarato di voler vincere in Florida, da tempo repubblicana. I democratici vinsero lì quando lui era vice di Obama. È dovuto intervenire sulla questione dei campus occupati perché non vorrebbe arrivare a novembre con le università in subbuglio. C’è il rischio che la protesta arrivi anche alla Convention democratica di agosto.

Come sta andando la campagna elettorale di Robert F. Kennedy Jr, a chi potrebbe togliere voti? L’idea del ticket con Trump con lui vicepresidente è tramontata o è ancora realizzabile?

Kennedy di democratico ha solo il cognome, con le sue istanze no vax e le posizioni law & order rischia di drenare più voti a Trump. L’ex presidente però non ha ancora scelto il vice, ha ricordato che nel 2016 aveva annunciato Pence a ridosso della Convention repubblicana. Mancano alcuni mesi e potrebbe cambiare lo scenario. Kennedy viene dato fra l’11 e il 13% e sta continuando ad essere ammesso in diversi stati. La sua corsa la sta facendo.

I processi di Trump sono passati in secondo piano?

Credo che la gente si sia annoiata di seguire la vicenda di Stormy Daniels, quello che potrebbe essere rilevante è la decisione della Corte Suprema sull’assalto al Congresso. I democratici dicono che i giudici vogliano rimandarla a dopo le elezioni.

Tornando ai campus, Biden come si muoverà? Alcuni sono stati sgomberati, si continuerà su questa linea?

Lascerà che siano le università ad agire, non però come ha fatto la preside della Columbia, che ha fatto intervenire la polizia quando gli studenti non stavano facendo niente di violento. Ci sono comunque episodi strani, come a UCLA, dove si è presentato un gruppo di incappucciati tutti sui 30 anni. Episodi che stanno alimentando teorie cospirazioniste: sicuramente c’è qualcuno che sta strumentalizzando la situazione.

(Paolo Rossetti)

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