Melania Trump e una parte dei repubblicani si schierano a favore dell’aborto, esprimendo una posizione diversa da quella di Donald Trump. Un modo, quello della moglie del tycoon e di alcuni parlamentari del GOP, per cercare di intestare anche a Trump il tema dei diritti, puntando sul quale i democratici avevano recuperato nelle votazioni di midterm. Il distacco con Kamala Harris, d’altra parte, è così esiguo che, per cercare di strappare anche solo pochi voti all’avversario, si provano tutte le strade. Per vincere il testa a testa per la Casa Bianca, la candidata democratica sta battendo a tappeto gli Stati in bilico senza cambiare linea sull’impostazione della sua campagna elettorale: si parla poco di contenuti, nessuna intervista e massima prudenza.



Un atteggiamento, spiega Rita Lofano, direttore responsabile dell’AGI, che la mantiene sulla linea di galleggiamento, ma che potrebbe anche costarle qualcosa in termini di immagine: non è detto che basti per far emergere la sua personalità. Allo stesso tempo, Trump sembra più spento rispetto alle precedenti contese elettorali.



I sondaggi danno distacchi sempre più risicati fra Trump e Harris. Quella che si prospetta sarà sempre di più una battaglia all’ultimo voto?

L’ultimo sondaggio della CNN, aggiornato al primo ottobre, certifica il testa a testa: Harris è appena un punto sopra Trump nella media generale, mentre in certi Stati è già iniziato il voto per posta.

Intanto, Melania Trump, parlando del suo nuovo libro, si è detta favorevole all’aborto. Un modo per cercare di attirare il voto femminile al marito?

L’uscita dell’ex first lady a favore della libertà di scelta su questo tema esprime una tendenza che riguarda molti parlamentari repubblicani, che tornano a parlare di pro-choice. Lo fanno un po’ perché ricordano il risultato delle elezioni di midterm, che i democratici giocarono tutto sul rischio che venisse messo in dubbio il diritto all’aborto, un po’ perché sanno quanto è risicato il gap tra i due candidati, tanto ridotto che ogni voto può fare la differenza. Quella di Melania poteva sembrare un’uscita isolata, in realtà molti repubblicani stanno manifestando la stessa posizione. Una novità nella campagna.



Può essere un boomerang per la parte dell’elettorato repubblicano che è pro-life?

Trump continua a dire no all’aborto, ma ha al suo fianco una donna che ha una posizione leggermente diversa su questo tema. Un po’ come J.D. Vance, molto duro sul fronte dell’immigrazione, però affiancato da una moglie di origine indiana, rappresentante delle minoranze.

Dopo aver perso il dibattito tv, senza peraltro pagarne lo scotto in termini di consensi nei sondaggi, Trump ha cambiato indirizzo?

Dopo la batosta del dibattito è emersa con forza tutta la sua età, il peso della campagna che non va come aveva previsto. Vari giornali, anche conservatori, stanno notando questo aspetto: Trump è meno focalizzato, concentrato, rispetto al 2016 e al 2020, dove rispetto a Biden c’era un abisso in termini di prontezza e reattività. La mia impressione è che sia un po’ più perso dal punto di vista dell’immagine e dei temi della campagna. Il dibattito tv non lo ha danneggiato perché i suoi elettori sono fidelizzati, sono sempre quelli, non a caso a suo tempo si permise di dire: “Potrei sparare a uno per strada e non perdere consensi”. Qualunque cosa faccia ha un nocciolo duro di sostenitori. Ora mostra qualche piccolo segno di défaillance, che però non è detto che incida sul risultato dell’elezione.

A Kamala Harris è stato rimproverato di non sbilanciarsi troppo sui contenuti del suo programma. Sta mantenendo la stessa linea? Rimane prudente, senza esporsi più di tanto?

Continua a giocare sul sicuro, a non rilasciare interviste, a essere anche un po’ chiusa, se vogliamo, su quelle che sono le sue posizioni. E sta puntando tutto sugli Stati in bilico, come nel Wisconsin, in cui si è presentata con l’ex deputata repubblicana Liz Cheney; parliamo degli stessi Stati che Hillary Clinton trascurò nel 2016 e che in parte le costarono la sconfitta. È molto cauta, consapevole dei rischi che può correre.

Continua la sua reticenza su certi punti?

Gioca sul sicuro e non va all’attacco. Trump, invece, continua a farlo, se l’è presa ancora con il quoziente intellettivo di Harris, mentre lei è molto concentrata sui colletti blu, il Midwest, gli arabo-americani. È una scelta strategica di comunicazione: non vuole giocare la campagna sull’eccessiva demonizzazione dell’avversario. Risponde, ma non fa attacchi diretti, deliberati. Ora al suo fianco scenderà Obama, mentre la figura di Liz Cheney serve per appellarsi a quei repubblicani moderati che, come i Bush nel 2016, non hanno dato il sostegno a Trump.

Manca un mese al voto vero e proprio. Quale potrà essere la sorpresa di ottobre, l’elemento che, come è successo in altre occasioni, può cambiare l’indirizzo del confronto pre-elettorale?

La Clinton ha fatto notare che le sorprese di ottobre potrebbero arrivare dalla politica estera, da Russia, Cina o Iran. Per quanto gli americani siano molto concentrati sul loro Paese, la politica estera, vista la situazione, potrebbe giocare un ruolo più ampio, ovviamente insieme all’economia. Intanto Biden, cui Harris è legata a doppio filo, sembra aver accantonato la retorica su Israele per cui bisogna raggiungere una tregua. Sanno che in un mese non ce la faranno. Il presidente ha anche dichiarato: “Non diciamo a Israele cosa deve fare, lo consigliamo”. Come dire che più di tanto non possono fare.

I nuovi dati sull’occupazione sono positivi: un punto a favore della Harris?

Sì, anche se dal punto di vista economico ha rischiato con lo sciopero dei porti, ora sospeso rinviando tutto al 15 gennaio. Avevano stimato che il blocco delle merci nei porti e nei trasporti sarebbe potuto costare 5 miliardi al giorno.

Su Trump, nel frattempo, ci sarebbero nuove prove sulle presunte interferenze per cambiare il risultato elettorale del 2020. Un argomento che può incidere sul risultato finale?

Per i suoi elettori non cambia niente, concordano con lui che le elezioni sono state una truffa.

(Paolo Rossetti)

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