Biden che recupera, ma è costretto sempre a inseguire Trump nei sondaggi; il tycoon che perde qualche punto facendo scelte sull’aborto che scontentano anche il suo partito e il suo elettorato. Le Elezioni Usa 2024 del 5 novembre prossimo si fanno sempre più vicine e la lotta fra i due maggior contendenti sempre più serrata. Ma la campagna elettorale potrebbe essere scossa da una novità rilanciata dal New York Times: Trump potrebbe scegliere come suo vice Robert F. Kennedy jr, attualmente destinato a presentarsi come candidato indipendente, ma che potrebbe essere il destinatario di questa clamorosa proposta. Un’idea, spiega Rita Lofano, direttore responsabile dell’AGI, non così peregrina: in fondo, alcune posizioni di Kennedy possono essere avvicinate più ai repubblicani che ai democratici. Una eventualità che di sicuro cambierebbe completamente la campagna elettorale, sparigliando nuovamente le carte in tavola.
Trump è ancora avanti nei sondaggi, ma Biden sta recuperando. I distacchi non sembrano più marcati come prima. Cosa è cambiato?
Dopo il discorso sullo stato dell’Unione c’è stata un’inversione di rotta e Biden ha guadagnato consensi anche negli Stati in bilico. Trump, secondo alcuni analisti, ha commesso qualche passo falso, come sull’aborto. Sul tema dei diritti, i democratici hanno vinto la campagna elettorale del 2022 e il candidato repubblicano su questo punto non ha preso una decisione netta, sostenendo che in questo campo ogni Stato dovrebbe fare per sé. È stato attaccato anche dai repubblicani: Pence, il suo ex vicepresidente, ha detto che la sua presa di posizione è stata uno schiaffo in faccia a tutti quelli che lo hanno votato. E poi ci sono tutti i pro-life. È stato l’unico tema in cui Trump ha tentato di apparire moderato, sostenendo anche che bisogna prevedere delle eccezioni per i casi di stupro e incesto, ma si è attirato le critiche un po’ da tutti.
Quanto conta questo tema nell’elettorato americano?
Da un’indagine del Wall Street Journal è emerso che sui diritti civili, in particolare sull’aborto, Biden è ritenuto affidabile dal 45% degli americani, mentre Trump si ferma al 33%. Questa sarà una delle tematiche cruciali del voto.
Sempre il Wall Street Journal ha messo in fila i temi che contano di più secondo gli americani nella campagna elettorale. Uno di questi è l’economia. Come sono messi i contendenti su questo punto?
L’economia americana non va affatto male: l’occupazione è in crescita e i mercati finanziari vanno bene. Ma è un messaggio che Biden non è riuscito a far passare. Il famoso slogan di Clinton “It’s the economy, stupid” non so fino a che punto varrà. Il presidente uscente vuole cavalcare questo tema, dovrebbe annunciare qualche novità sulla cancellazione del debito degli studenti. E sappiamo come sia difficile per i giovani pagare i debiti contratti. Parla di aiuti ai meno abbienti e tasse per grandi aziende e miliardari, però alla fine gli elettori guardano più alle loro tasche. Sentono il tema dei tassi di interesse, delle rate che devono pagare, del costo della benzina.
Qualche osservatore dice, infatti, che l’inflazione sta scendendo e Biden se ne potrebbe avvantaggiare in termini di voti. È così?
Tassi d’interesse e costo della benzina sono i due indicatori principali. Ma anche i mercati: un dato da non sottovalutare. Il sistema pensionistico americano si fonda anche sugli investimenti in borsa, quindi non è un aspetto che conta solo per i più abbienti. In ballo ci sono le pensioni della classe media.
L’economia, insomma, ha un ruolo importante?
Nessun presidente è stato rieletto in un contesto di contrazione economica o di aumento delle tasse. In questa campagna anomala, però, l’economia non sta pesando tanto come i diritti civili.
La posizione di Biden nei confronti di Israele, dopo l’astensione all’ONU sulla risoluzione che chiedeva il cessate il fuoco, sembra meno accondiscendente. La politica estera quanto viene tenuta in considerazione dall’elettorato?
Prevedere o quantificare quanto abbia guadagnato ora Biden su questo punto forse è prematuro; sicuramente la sua posizione molto più dura contro Netanyahu ha anche una valenza elettorale. Al termine della telefonata dei giorni scorsi tra i due è stata annunciata l’apertura di un valico per far arrivare gli aiuti nella Striscia. Biden è molto sotto pressione in relazione a questo tema e a quello della tregua. Si sente il peso degli arabi americani: abbiamo visto come hanno votato in Michigan. Una scelta, comunque, che secondo me pagherà, perché è stata fatta proprio tenendo conto degli elettori. Anche se alla fine gli USA hanno ribadito l’alleanza incrollabile con Israele.
Trump, invece, come viene giudicato sulla politica estera? Era uscita la notizia, poi smentita dall’entourage, di un suo piano per concludere la guerra in Ucraina lasciando Crimea e Donbass alla Russia: che cosa ha in mente per risolvere questo conflitto e quello di Gaza?
Lascia trapelare che in caso di secondo mandato la sua sarà una posizione di forza. È sempre stato accusato di avere simpatie per i leader autoritari, da Orbán a Putin e a Erdogan: vuole presentarsi anche lui come leader forte, ancora più del primo mandato, senza abbandonare la sua politica nazionalista, quella dell’America first.
Quindi cosa dobbiamo aspettarci, che faccia un passo indietro sia in Ucraina che a Gaza?
A Gaza non lo so, quella con Israele è un’alleanza diversa. Trump, comunque, non ha cambiato la sua postura in politica estera rispetto al fatto che l’America non può essere il poliziotto del mondo. Elettoralmente parlando si propone come il leader che parla con gli altri e in due minuti risolve tutto. Ma si tratta, appunto, di campagna elettorale. Come presidente ha avuto un buon rapporto con Netanyahu, ma adesso lo ha criticato; d’altra parte, il premier israeliano è molto poco popolare in questo momento.
Al di là del recupero nei sondaggi di Biden, quale rimane il punto di forza di Trump e quanto stanno incidendo i processi che ha in corso? Il New York Times dice che sborsa 90mila dollari al giorno per le spese legali e che la sua raccolta fondi serve soprattutto a questo.
Secondo me, i processi non pesano, pesano le spese. Il 15 aprile inizierà il dibattimento per i suoi pagamenti illegali alla pornostar Stormy Daniels, ma la storia era uscita tale e quale anche nella campagna del 2016 e non aveva influito negativamente su di lui. Dal punto di vista dell’immagine non incide. La forza di Trump è soprattutto di avere un elettorato fedele.
Intanto, però, il New York Times avrebbe avanzato la clamorosa ipotesi che Robert F. Kennedy jr, che si presenta come candidato indipendente, possa addirittura diventare il vicepresidente di Trump. Ci dobbiamo credere?
Kennedy ha militato nel partito democratico, ma è no-vax, contro le armi all’Ucraina, ha posizioni affini ai repubblicani. C’è chi sostiene che proprio per questo, presentandosi da solo, possa danneggiare più il GOP che i democratici. Tant’è che, appunto, il New York Times ha lanciato l’ipotesi che Trump possa sceglierlo come suo vice. I responsabili della sua campagna avrebbero ipotizzato un 11% in più in questo caso. Trump, d’altra parte, presentandosi con la sua famiglia, si è sempre paragonato un po’ ai Kennedy. Nel periodo presidenziale, si erano tutti trasferiti alla Casa Bianca.
Ma Robert Kennedy potrebbe accettare?
Sì, perché no? Ha detto che Biden è più pericoloso degli insorti del 6 gennaio. Cambierebbe completamente le carte in tavola. E anche tutti gli elementi che sembrano confortare ultimamente Biden passerebbero in secondo piano.
(Paolo Rossetti)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.