MINNEAPOLIS – Ognuno gioca le carte che ha. A pochi giorni dalle Midterm elections, con poche idee, poche proposte, tanti problemi irrisolti e nessun odore di ideale, tutto quel che si può fare è screditare gli avversari, o quantomeno provarci.

Su tutto incombono due fantasmi: quello di Joe Biden, il presidente fantasma che fa fatica a pronunciare una frase che abbia un capo e una coda, e quello di Donald Trump, che sulla carta è solo un ex presidente, ma in pratica per milioni di cittadini incarna ancora l’immagine di una “America degli americani”, l’immagine del loro senso di rivalsa per il terreno perduto rispetto ad un’America – quella democratica che si considera progressista – in cui non si riconoscono neanche un po’.



L’oggetto del contendere di oggi sono quei tax returns, quelle dichiarazioni dei redditi di Trump di cui si parla da anni. Esse rappresenterebbero un punto di discredito, se non addirittura motivo di una possibile incriminazione.

In questo Paese con le tasse non si scherza. Tutte le presunzioni di legge sono a favore del cittadino, ma se si frega si rischia grosso. Martedì il Chief Justice John G. Roberts, l’uomo che presiede la Corte Suprema, ha emesso un ordine per impedire “temporaneamente” al Dipartimento del Tesoro di fornire le dichiarazioni dei redditi dell’ex presidente Donald J. Trump a un comitato della Camera, “The House Ways and Means Committee”.



È l’ultima mossa di una disputa di lunga data sul fatto che il Congresso possa accedervi. Quel “temporaneamente” di fatto significa che la questione dovrebbe finire nelle mani della Corte Suprema. Prima o poi. Ma quel “temporaneamente” pesa parecchio, perché tanto per cominciare la questione resterà nel limbo fino a dopo la tornata elettorale, e soprattutto perché il risultato delle elezioni potrebbe ribaltare gli equilibri del Congresso – così dicono i sondaggi – e i repubblicani avrebbero la possibilità di far cadere tutta la questione: niente richieste al Dipartimento del Tesoro, niente indagini del comitato, niente possibile incriminazione per Trump.



Tutti i giornali danno ampio spazio alla vicenda, sottolineando, a seconda del proprio schieramento politico, il ruolo salvifico o demoniaco (e in ogni caso “pesante”) che la Corte Suprema ha nell’America di oggi.

Mi chiedo se abbiamo bisogno dei tax returns di Trump per farci un’idea del personaggio. Men che meno per ritrovare una identità come Paese, per riacciuffare il bandolo della matassa del nostro vivere insieme in questa terra di immigrati e per comprendere cosa ci sia chiesto sulla scena internazionale tra guerre, virus ed enormi interessi economici con l’aria di recessione che c’è.

La povertà, la pochezza dei contenuti di questa campagna elettorale non promettono nulla di buono. Fanno solo presagire battaglie, arroccamenti su punti di grande valore, aborto in primis, non sufficienti però a coprire quell’insieme di aspettative e bisogni che è il vivere insieme.

Come sempre avere un nemico, Trump, Biden, aborto o non aborto che sia, ci risparmia il lavoro di chiederci cosa veramente vorremmo per noi stessi e per il nostro Paese. Le dichiarazioni dei redditi non salveranno il mondo.

God Bless America!

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI