I repubblicani della Camera dei rappresentanti sono spaccati, ma alla fine trovano un accordo con i democratici per arrivare a definire il tetto di spesa americano ed evitare il default. Nel Gop la parte più determinata è sempre quella del Freedom Caucus, i trumpiani, ora euforici per i risultati delle primarie dello Iowa. La partita del bilancio dello Stato si gioca contemporaneamente a quella delle elezioni presidenziali, nelle quali, Corte suprema permettendo, proprio Trump sembra avere lo sprint giusto per cercare di tornare alla Casa Bianca.Tra l’altro l’altro proprio in queste ore uno dei suoi avversari interni al partito, Ron De Santis, si è ritirato dalle primarie, lasciando come unica rivale dell’ex presidente Nikki Haley.



Su di lui pende ancora la decisione dei giudici sulla possibilità o meno di candidarsi, che potrebbe essergli negata in seguito al ruolo esercitato nella “insurrezione” di Capitol Hill a gennaio del 2021. La Corte è a maggioranza conservatrice e ci si aspetta una sentenza favorevole al tycoon, che però potrebbe essere usata dagli avversari per mettere in guardia l’elettorato del pericolo di un’egemonia repubblicana (Casa Bianca-Corte Suprema) che potrebbe mettere in pericolo i diritti civili. Sul fronte democratico, invece, Biden sembra più in difficoltà: contro il suo predecessore, per il momento, sarebbe sostanzialmente alla pari. Ma il nemico, Biden, ce l’ha in casa: se Robert Kennedy si candidasse come indipendente, spiega Rita Lofano, direttore responsabile dell’AGI, potrebbe togliergli voti utili nella battaglia per la riconferma alla presidenza degli Stati Uniti.



Il dibattito sul tetto della spesa ha evidenziato una spaccatura tra i repubblicani. Però si è trovato un accordo con i democratici sulle procedure. Quanto incidono le divergenze nel Gop?

È vero che c’è una spaccatura all’interno del partito repubblicano, tra il Freedom Caucus, i sostenitori di Donald Trump, e il resto del partito. I trumpiani hanno mandato a casa l’ex speaker della Camera Kevin McCarthy in una situazione analoga a quella di questi giorni. Nella votazione per non costringere alla chiusura parziale l’amministrazione americana, quindi tutti gli uffici federali e pubblici, occorre una maggioranza qualificata, ma si può seguire una procedura semplificata che comporta una maggioranza dei due terzi. Mike Johnson, nuovo speaker repubblicano, per trovare un accordo ha dato il via alla procedura semplificata ottenendo i due terzi dei voti grazie però all’appoggio dei democratici (solo due dei quali erano contrari). La sua è stata vista un po’ come una forzatura. E infatti gli è costata un avvertimento da parte del Freedom Caucus: su X gli hanno fatto capire che avrebbero potuto mandarlo a casa come McCharty.



Alla fine i soldi per l’Ucraina e per Israele saranno messi a disposizione? E la contropartita riguarderà i fondi per contrastare l’immigrazione dal Messico?

I soldi per l’Ucraina non ci sono. Anche Biden ha il problema di mettere d’accordo tutti nel suo partito su questo punto: l’area liberal, l’ala sinistra del partito, è contraria. È un candidato debole e non riesce a ottenere quello che vuole. Alle elezioni di metà mandato di due anni fa a spingere gli elettori a votare dem sono state questioni come l’aborto e i diritti civili e adesso i democratici sperano di riutilizzare questi temi. Il tema della guerra, paradossalmente, è controproducente. Persino quello dell’economia, che pure va bene, è difficile da far passare.

Ma cosa dicono i sondaggi, in questo momento, dei possibili candidati alla presidenza?

Martedì ci sono le primarie repubblicane nel New Hampshire, Trump è dato in vantaggio di 10 punti su Nikki Haley (ex ambasciatrice Usa all’Onu per lo stesso Trump), ma in un ipotetico confronto su scala nazionale Haley-Biden sarebbe la prima a prevalere nello Stato. In realtà Biden ha più chance con Trump, che ora è lanciato, ma con il quale è sostanzialmente alla pari. Il capo dei repubblicani, comunque, nonostante 91 capi di imputazione resta Trump: ha vinto di 30 punti in Iowa attingendo voti anche in un elettorato istruito, mentre di solito pesca nelle classi medio-basse. La Haley, che si presenta come moderata, comunque fatica contro di lui. Le primarie di martedì saranno importanti perché c’è un elettorato diverso, più moderato. Il tema è: o la Haley stacca Trump o se anche arriva alla pari a questo punto Trump è lanciato verso la nomination.

Ma la Haley manterrà la sua candidatura?

Aspetterà la decisione della Corte Suprema sulla candidabilità di Trump in Colorado, nel Maine e in altri Stati, oltre che il risultato in South Carolina, il suo Stato, dove è stata governatrice. Le prospettive per lei al momento non sarebbero ottimali. Dopo la vittoria nello Iowa, Trump ha avuto parole gentili per i suoi avversari, è come se avesse detto: “Ragazzi ho stravinto, non c’è gara, salite a bordo con me”.

A proposito di Corte Suprema: Trump ha minacciato il caos se dovessero escluderlo, a giudicare da quanto è successo a Capitol Hill c’è da credergli?

È pericoloso. Già l’America è spaccata e lui è polarizzante. Il rischio c’è: una parte dei suoi sostenitori sono seguaci che fanno quello che dice. E lui è un abile comunicatore.

Si possono fare ipotesi sul pronunciamento della Corte Suprema?

Per la maggioranza sono giudici conservatori e tre li ha nominati Trump: potrebbero anche decidere che non lo si possa escludere. Spiegheranno le loro motivazioni, anche quelle dei giudici di minoranza. Molti osservatori americani ritengono che sarà ammesso. Però l’America a volte riserva sorprese. La Corte Suprema negli Usa ha una grande importanza, i suoi giudici sono a vita, la decisione non apparirà politica, ma un’interpretazione della legge.

Sul fronte democratico come stanno le cose? C’è qualche ripensamento su Biden o ritengono ancora di puntare su di lui?

Al momento sì, perché nei sondaggi è alla pari con Trump, ma la corsa di Biden è veramente minata: ha la forza del presidente in carica, l’economia va bene e c’è il tentativo di correre sul tema dei diritti. Anche la decisione della Corte suprema potrebbe avere un effetto catalizzatore per i democratici. Potrebbero dire: “Andate a votare altrimenti vince Trump. Avrebbe pure la Corte dalla sua parte”. Tra i punti di debolezza, invece, c’è l’età e poi la variabile Robert Kennedy. Vuole correre come indipendente: se Trump e Biden sono pari e lui prende anche una piccola percentuale di voti, li toglie al candidato democratico, non al suo avversario. Anche se è un no vax, resta un Kennedy.

Ma Biden è davvero alla pari con Trump?

Più o meno sì, poi dipende dagli Stati. Nel New Hampshire danno Biden al 52% e Trump al 45%, con DeSantis (ora ritirato nda) sarebbe 51 a 42, mentre Haley lo sopravanza di 3 punti. Si tratta di uno Stato particolare, tende a essere moderato, indipendente e a votare i cosiddetti underdogs. Se Haley non vince con Trump in un territorio così, in qualche modo per lei è finita.

(Paolo Rossetti)

 

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