Chiamale se vuoi baruffe chiozzotte, tranne che Goldoni intestava le beghe veneziane alle gelosie delle donne, e qui prevalgono i maschietti, con l’eccezione di una sola donna, issata sulla seconda cadrega dello Stato.
Siamo a Venezia, e il palcoscenico non è una commedia goldoniana ma il centrodestra che si prepara alle elezioni regionali. C’era una volta (e non c’è da tempo) il Veneto forzista capitanato dall’arcidoge Giancarlo Galan,vecchio liberale transitato prima nel management della Fininvest e poi – con la discesa in campo di Silvio – alla presidenza della Regione Veneto.
L’arcidoge governò per un’era glaciale, dal 1995 al 2010, quando fu sloggiato dalla Lega ben prima che i pm scoperchiassero il suo sistema di potere e finanziamenti illeciti. La Lega rivendicò la guida del Veneto, e re Silvio – allora al governo, ma braccato da Fini – pensò bene di tener buono Bossi mollando la presidenza veneta a Luca Zaia, che in fondo era il ministro dell’Agricoltura di Berlusconi. Galan andò al governo al posto di Zaia, e concluse da ministro una luminosa carriera destinata poi a macchiarsi di condanne allora imprevedibili e tuttora discusse (“patteggiai per ragioni di salute e per mia figlia, ma sono innocente” dichiara ancora l’ex arcidoge).
La profezia di Galan fu lapidaria: “dando il Veneto a Zaia, Forza Italia sparirà”. E voilà, dieci anni dopo non si potrebbe contemplare conferma più netta della previsione: in consiglio regionale il partito azzurro non ha più nemmeno un consigliere, e secondo i sondaggi nemmeno ne conquisterebbe uno alle prossime elezioni (FI è quotata 2%, meno del risultato emiliano).
Ieri il coordinatore veneto di FI Michele Zuin si affrettava a dichiarare: “abbiamo le liste pronte”. Ma un parlamentare azzurro veneto bofonchia in Transatlantico: “macché pronte, e poi lui che ne sa, è segretario regionale, direttore del gruppo alla Camera, assessore a Venezia, quando ha tempo per fare le liste?”.
Ma il peggio deve ancora venire: pare che la Lega non voglia apparentare nessuna lista, massimizzando su Lega e lista Zaia un consenso oceanico e incontenibile (30 punti di vantaggio sul Pd). Sarà la prova generale dell’assorbimento di Forza Italia da parte di Salvini.
E qui scatta la baruffa in laguna: il plotone di parlamentari Veneto di FI sa di essere già fritto in padella, e non si illude più che tanto, qualcuno prova a correre in Regione, qualche altro strizza l’occhio a Meloni o ai centristi.
I capi invece si illudono e combattono: sanno che questi numeri lasceranno al Veneto uno solo dei 30 seggi che gli azzurri potranno ottenere coi numeri dei sondaggi nazionali in caso di elezioni politiche. E la ruvida Lega veneta ha già recapitato il suo messaggio: la regina di palazzo Madama, senatrice Alberti Casellati, non sarà una candidata di coalizione ma una senatrice in quota Forza Italia. Fine delle speranze per tutti, anche per i blasonati Ghedini e Brunetta, non a caso impegnati il primo a ritagliarsi nuovi ruoli, il secondo a progettare governi di salvezza della nazione e forse del suo seggio.
Sic transit gloria mundi: nello squadrone parlamentare per gli azzurri veneti c’era posto per tutti, e ne rimaneva persino per assistenti e segreterie.
Ora la posta in palio è un solo seggio, e la guerra è già iniziata.