Le premesse affinché di oggi nelle presidenziali del Venezuela sia effettivamente libero sono ridotte al lumicino, visto che le ultime manovre politiche di Nicolas Maduro (a parte gli arresti di oppositori al suo regime… pardon alla sua presidenza) fanno pensare alla solita messa in scena. Ma questa volta si stanno superando dei limiti che potrebbero rivelarsi un boomerang per il dittatore in carica, visto che politicamente si è allontanato dai leader “progressisti” latinoamericani suoi amici (dal brasiliano Lula al colombiano Petro) per ostentare un legame sempre più profondo con Cina, Russia e Iran: quindi regimi molto particolari e simili al suo, messi in piedi da strumenti elettorali che rappresentano tutto il contrario del concetto di democrazia che Sua Maestà vorrebbe far credere instaurata nel suo Paese.
I sondaggi per ora (almeno quelli attendibili e ben lontani da quelli di regime) danno sia una partecipazione massiva al voto (81%) che una maggioranza tra il 48% e il 72% che dovrebbe portare al potere il 75enne Edmundo Gonzalez Urrutia, ex diplomatico e rappresentante candidato della Plataforma Unitaria Democratica, un gruppo che comprende ben 11 organizzazioni politiche di orientamenti spesso lontani ma uniti nell’opposizione al regime.
Purtroppo, però, c’è da dire che non è la prima volta che il chavismo esce sconfitto a livello elettorale: l’ultime volta (2015) addirittura Maduro tolse all’Assemblea nazionale i suoi poteri dopo che l’opposizione aveva ottenuto ben 112 dei 167 seggi disponibili. Pure se il Parlamento, in quella occasione, aveva nominato come Presidente ad interim Juan Guaidò, allora capo dell’opposizione: ma evidentemente la misura, quando si tratta del chavismo, non è mai colma visto anche gli accordi stabiliti nel 2023 e nominati “delle Barbados”, che ottennero la mediazione oltre che delle celeberrime Isole anche della Norvegia, Russia, Colombia, Messico Paesi Bassi e Stati Uniti, con il preciso scopo, in cambio di un alleggerimento delle sanzioni internazionali, che il Venezuela garantisse il diritto di ogni partito nel nominare candidati.
Niente da fare pure questa volta, visto che poi, come i nostri lettori sanno, Maduro bloccò la candidatura di Maria Corina Machado anche se aveva raggiunto ben il 92% dei suffragi nelle elezioni dell’opposizione.
Ancora ricordo come nel 1999, trovandomi in quel di Caracas, molte delle persone con le quali avevo parlato serbassero una fiducia oserei dire metafisica in un candidato che prometteva la restaurazione della democrazia più completa: si chiamava Hugo Chavez, già autore anni prima di un fallito golpe militare e che nel corso della sua “campagna elettorale” aveva fatto viaggi frequentissimi a Cuba. Come la gente possa essere caduta in quella trappola rimane per me ancora un mistero, ma sta di fatto che da quel mese di febbraio del ’99 il ricchissimo Venezuela iniziò una delle peggiori e abissali cadute in una crisi che l’ha ridotto, tranne l’oligarchia dominante (come accade nei populismi), nella peggiore povertà non solo della sua storia ma anche dell’intero continente latinoamericano.
Molti Paesi si sono mossi con iniziative varie per far sì che la tornata elettorale attuale si svolga nella massima regolarità: manifestazioni si sono avute anche qui in Italia, dove Senatori e Deputati di tutti gli schieramenti politici si sono uniti a venezuelani residenti nel nostro Paese e anche molti italiani in una protesta svoltasi il 24 luglio.
Quindi i segnali finalmente si vedono: anche se, bisogna dire, che, come avevamo segnalato in un altro articolo, nonostante i presunti embarghi, misteriosamente navi colme di metalli rari e Colbain (una lega importantissima e di grande valore per realizzare processori), continuino a partire dal Venezuela per raggiungere porti sia nell’Ue che nella nostra Italia (Trieste, tanto per fare un esempio), fatto che in pratica sembra burlarsi delle proteste.
In queste ultime ore un volo che doveva partire da Panama per raggiungere Caracas non può decollare se prima non vengono sbarcate personalità politiche ad anche ex esponenti di Governi venezuelani che si recavano li per assistere alle elezioni. Questo per ordine di Maduro, che ha anche bloccato anche un volo in partenza da Caracas per Panama: circa 400 persone quindi sono ostaggio del “Presidente”, che ha anche ricevuto l’appoggio da parte dell’organizzazione argentina “Madres de Plaza de Mayo” a sostegno della sua candidatura. Quest’ultimo fatto dimostra non solo come ormai certe organizzazioni per i “diritti umani” si siano vendute alle politiche populiste, ma rasenta la metafisica al solo pensare che la loro lotta contro la dittatura (argentina degli anni Settanta) si sia trasformata nel sostegno a un dittatore.
Ora staremo a vedere cosa accadrà oggi e se finalmente un Paese così ricco non solo di risorse minerarie ma anche intellettuali riuscirà a mettere la parola fine e finalmente potrà uscire dal tunnel oscuro in cui un regime falsamente “democratico” l’ha immerso dal 1999.
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