È stato di recente rigettato il ricorso ex art. 700 codice di procedura civile presentato dal gruppo politico organizzato “Referendum e Democrazia” perché le firme presentate a sostegno della lista erano stato presentate unicamente in via telematica e sottoscritte con firma elettronica. Tale ricorso chiedeva in via cautelare al giudice di ammettere alla competizione elettorale del 25 settembre la lista dei ricorrenti e conseguentemente ordinare all’Ufficio elettorale regionale della Lombardia presso la Corte di Appello di Milano di prendere il relativo provvedimento di riammissione.



Le molte ragioni, anche di diritto europeo e di diritto internazionale, addotte a sostegno del ricorso non sono state tenute in considerazione dal giudice, che si è attenuto al diritto vigente. I resistenti, infatti, avevano sostenuto, in sintonia con i provvedimenti dei diversi Uffici elettorali coinvolti nel procedimento, l’inidoneità di sottoscrizioni non analogiche alla valida presentazione di liste elettorali (ex artt. 18-bis DPR 30.3.1957 n. 361, 14 L. 211.3.1990 n. 53, 2 co. 6 d.lgs. 82/2005). Questa è stata la posizione fatta propria dal giudice, che ha sposato la tesi secondo cui non è ammissibile quanto è stato fatto dalla lista esclusa e dai suoi rappresentanti. Tra questi ultimi si annovera Marco Cappato, che – con intento palesemente provocatorio – aveva fatto di questa scelta una vera e propria linea politica, dichiarandolo pubblicamente.



La presa di posizione del Tribunale, pur transitoria (si trattava infatti di un processo celebrato in via cautelare), esclude, quindi, che siano sostituite le richieste documentazioni presentate per iscritto con forme di documentazione telematiche, pur in un tempo in cui tanto si sente parlare di digitalizzazione e di democrazia telematica, soprattutto da parte di alcune formazioni politiche che intendono “sostituire” la democrazia rappresentativa, ritenuta ormai obsoleta nelle sue forme tradizionali, con forme di democrazia diretta e telematica, tramite votazioni su piattaforme.

Ora, se da un lato è a tutti noto che la nostra forma di democrazia presenta problemi legati alle difficoltà di attuare vere e proprie manifestazioni democratiche nell’era della globalizzazione che tende a sfaldare il rapporto dei cittadini – elettori ed eletti – con i territori e a rendere meno efficaci le diverse forme di rappresentanza politica, d’altro lato è difficile immaginare un rimedio a questo stato di cose basato sul virtuale. La democrazia impone vicinanza, concretezza, personalizzazione e non può essere ridotta a votazioni “dirette” tramite le nuove tecnologie; la mediazione dei partiti politici deve avere queste caratteristiche e non accettare di essere condizionata da altro.



Certo, in questo caso si trattava della mera sostituzione della sottoscrizione autografa con la sottoscrizione digitale, ormai ampiamente in uso. L’intento sottostante all’azione “strategica” della lista è però tutt’altro che neutro: mira a forzare la mano all’ordinamento costringendolo ad adeguarsi alla visione di chi ritiene la democrazia diretta e telematica un valido strumento di esercizio della democrazia, cosa che è davvero assai difficile da condividere nel suo insieme. In questo modo, infatti, come è stato detto, si alimenta la sfiducia verso la democrazia rappresentativa passando su tutt’altro terreno, una utopia che sembra alla fine alimentare visioni verticistiche e lontane dalla realtà.

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