La morte di Elisa Pomarelli ha sconvolto l’Italia: quella fiducia nutrita nei confronti di quello che si è poi rivelato essere il suo carnefice, Massimo Sebastiani, è una ferita difficile da rimarginare. Chi si occupa di questo caso in qualità di consulente della difesa del killer è Roberta Bruzzone, nota criminologa, intervistata ieri al riguardo nella prima puntata stagionale di Quarto Grado, il programma di Rete 4 condotto da Gianluigi Nuzzi. La Bruzzone ha esordito parlando dell’abitazione del Sebastiani: “Scendo da quella casa e le condizioni generali sotto il profilo sia del disordine, ma soprattutto dell’igiene, erano di uno sporco tale che rendevano impraticabile pensare di vivere in una situazione del genere per una persona in condizioni normali. Posso contemplare quel tipo di condizione ma solo se considero il soggetto in una situazione depressiva gravissima, che si è completamente lasciato andare alla deriva”. (agg. di Dario D’Angelo)
ELISA POMARELLI E’ STATA STROZZATA
Elisa Pomarelli è stata strozzata: è questo che rivela l’autopsia eseguita sul corpo della giovane 28enne di Borgotrebbia uccisa lo scorso 25 agosto. Il caso sarà questa sera al centro della prima puntata stagionale di Quarto Grado, che ripercorrerà l’intera vicenda, dalla sua misteriosa sparizione al rinvenimento, avvenuto lo scorso 7 settembre, solo dopo la cattura del suo assassino reo confesso, l’amico Massimo Sebastiani. Per gli esiti completi dell’esame eseguito nei giorni scorsi a Pavia, si dovrà attendere circa un mese ma quanto emerso sembra confermare pienamente la versione fornita da Sebastiani subito dopo il suo arresto. Se, quindi, un giallo è stato in parte risolto, resta ancora avvolto nel mistero un altro aspetto legato all’omicidio di Elisa Pomarelli, ovvero quello della sparizione del cellulare della 28enne, gettato da Sebastiani nei boschi subito dopo averla uccisa. Il dispositivo agganciò la cella di Cadeo per l’ultima volta prima di non dare più alcun segnale. Quindi fu gettato da Massimo tra i campi di Cerreto Landi ma prima di spegnerlo partì per errore una videochiamata diretta ad un’amica di Elisa. Dopo l’omicidio, il 45enne tentò di depistare le indagini inviando al cellulare della donna due messaggi in cui chiedeva scusa alla sua “Taty” per essersi arrabbiata.
AL VAGLIO LA VITA DI MASSIMO SEBASTIANI
Massimo Sebastiani, accusato dell’omicidio di Elisa Pomarelli, è in carcere dal 7 settembre scorso con l’accusa di omicidio e occultamento di cadavere. Il suo legale, l’avvocato Maurio Pontini ha chiesto una perizia psichiatrica motivata da quella che lo stesso ha definita una “ossessione affettiva” da parte del suo cliente. Proprio la personalità e lo stato mentale del 45enne è attualmente al vaglio degli inquirenti che sono partiti dalla sua abitazione per fare luce sul suo modo di vivere. Negli ultimi mesi, infatti, Sebastiani aveva iniziato ad accumulare in casa oggetti di qualunque tipo. Tra le altre ossessioni dell’uomo, anche quella di raccogliere monetine. Come spiegato in uno dei servizi di Pomeriggio 5 dedicati al caso, Sebastiani aveva lasciato in casa dopo il delitto uno zainetto contenente 620 euro in monetine. In merito al movente del delitto, l’uomo avrebbe raccontato agli inquirenti in sede di confessione che sarebbe stata una reazione al fatto che il rapporto con Elisa non stava andando verso la direzione da lui sperata e desiderata.
TELEFONO ROSA CONTRO LA VITA IN DIRETTA
Il femminicidio di Elisa Pomarelli, alla luce del possibile movente, sarebbe stato trattato in modo poco corretto dai media. E’ stata questa la sensazione sollevata da Telefono Rosa – come riferisce AgenPress – dopo un servizio de La Vita in Diretta di alcuni giorni fa in cui si è continuato a parlare dell’assassino reo confesso attribuendogli sentimenti di amore e ossessione verso la 28enne. “Elisa è stata uccisa di nuovo”, ha fatto sapere. “Ascoltare poi la viva voce dell’uomo, che ora è in carcere e che tenta di spiegare e giustificare quel suo terribile gesto, è stato come rivivere il dramma. Non era presente nessuno che potesse difendere la figura di Elisa, era assente un contraddittorio”, ha tuonato ancora Telefono Rosa che ha definito “inaccettabili” questo tipo di giornalismo e di linguaggio impiegato per parlare del caso di cronaca di Piacenza che ha sconvolto l’Italia intera per la sua brutalità. “Noi come Associazione che ogni giorno siamo a contatto con la violenza sulle donne, sottolineiamo che la violenza spesso nasce per motivi culturali e che un linguaggio sbagliato crea empatia giustificando l’autore della violenza”, ha chiosato, auspicando in un giornalismo più corretto.