Sembrava essere un azzardo artistico troppo esteso e impossibile da replicare per ambizioni e realizzazione, ma oggi ha un suo seguito.  E’ allora è bello sapere che la voce di Elsa Martin e il pianoforte di Stefano Battaglia abbiano dato un erede a quello strano contenitore di avanguardia melodica che prendeva il nome di “Sfueâi”, rimescolando le carte in quella continua curiosità e amore per la dimensione “altra” dell’arte.  Quella che richiede ad ogni passo l’essere pronti e disponibili a cogliere i segni del mistero che la fa morire e rinascere a se stessa ogni giorno, con un nuovo e più ampio sguardo sul conosciuto e su quanto è ancora da conoscere.



Se il precedente descriveva una fase di lungo e sofferto confronto con gli inferni esistenziali, in un tenore musicale immersivo e sepolcrale, il fresco di pubblicazione “Al Centro delle Cose” (Artesuono 2020) cerca di afferrare nuove strade e visioni, realizzando un piccolo miracolo di unità di anime sonore eterogenee e in continuo movimento.  La sperimentazione che gioca tra melodia e fasi ossessive è ancora ben presente, quest’ultima ancora affidata ai loop vocali e percussivi con l’appoggio di un pianoforte nelle sue fasi più schizoidi.



Ciò che qui fa la differenza e permette di godere di un nuovo sodalizio tra poesia e musica a trecentosessanta gradi, è nei due elementi che si compenetrano idealmente lungo il tracciato.  Da un lato la parte testuale, qui affidata non alla rassegna dei maggiori poeti friulani ma, per tutti, a quella del solo compianto contemporaneo Pierluigi Cappello.  Dall’altro l’estensione della forbice musicale dal tenore prettamente tenebroso del precedente, a quello variegato di un disco dagli umori cangianti e indefiniti.

Quello che si diparte tra introduzione e finale (Scluse e Chiusaforte) a far da canovaccio naturale con voci e vagiti di terra e aria, è un itinerario ora rilassato ora più nervoso che muove dalle iterazioni di Da lontano, Mont e Scrivere il nome tra intime arie jazz e fasi ipnotiche accentuate.  Per poi spostarsi sulle coordinate sonore della lunga litania anti-bellica di  una La retroguardia che richiama i percorsi affrontati dalla Martin nel recente progetto a più mani Linguamadre.



Ma l’anima del disco si svela carne e sangue in brani che prendono la dolcezza dominante tipica della ninnananna alternandola a fasi ossessive ludiche – come ne Le lucciole – o struggenti come in Inniò.  O che fluiscono dalle atmosfere slow-jazz della title track a quelle elettrizzanti di Cil tal cil che allarga la ricerca armonica inglobando beat new wave nel contrasto piano/voce.

Risaltano come elementi notevoli di coesione dell’insieme, l’evoluzione stilistica di uno Stefano Battaglia dal virtuosismo adamantino di “Sfueâi” alla predilezione per ostinati prog, l’armonizzazione di ritmo e pura musicalità nella vocalità suadente di Elsa Martin e la sovrapposizione di due recitati di Pierluigi Cappello a chiudere altrettanti brani cruciali del lavoro.  In definitiva una nuova e affascinante tappa nel percorso di questo eccellente duo, che con questo lavoro sembra volerci avvertire che non c’è alcuna vetta artistica che si ponga come limite invalicabile per la prossima mossa dell’alleanza tra bellezza e slancio che la rigenera.