C’è una scena in “Rocketman”, il bellissimo film che racconta la storia di Elton John, quando il non-ancora-Elton John riceve un consiglio dal cantante per il quale l’ancora ragazzo suona le tastiere in tournée. “Devi uccidere la persona che sei nato per diventare la persona che vuoi essere”.



“Rocketman”, dello stesso regista Dexter Fletcher che ha completato il film su Mercury dopo che Bryan Singer  aveva abbandonato a metà il lavoro pare per accuse di abusi sessuali, è un film brillante, perché non è il solito tentativo di fare un biopic con tutte le forzature e le invenzioni del caso (sempre nel film su Mercury, si dice che il cantante fosse malato di Aids quando tenne il celebre concerto al Live Aid, cosa del tutto falsa): è una sorta di favola, un musical pieno di colori e divertimento, anche se profondamente drammatico.



“Rocketman”, che si può definire una fantasia rock’n’roll, è incentrato su come la popstar abbia sentito quel consiglio, ma non l’ha eseguito, perché non avrebbe potuto.  Reinventarsi non è un’impresa facile, non quando sei cresciuto non amato da entrambi i genitori, e sei un quattr’occhi figlio della classe media inglese con un nome come Reginald Dwight, e l’attaccatura dei capelli che si sta rapidamente dirigendo verso l’alto. In qualche modo, invece,  alla base di “Rocketman”, c’è il concetto di redenzione.

Destinato a essere uno dei grandi successi dell’anno, anche se le sale italiane sono rimaste per lo più mezze vuote, il film è qualcosa di gioioso, anche se si svolge tutto all’interno di una dolorosa seduta analitica, con il protagonista circondato da medici poco caritatevoli che lo incalzano. Sbucano così fuori tutti i fantasmi di quello che, a inizio seduta, si dichiara  un “alcolizzato, cocainomane, sessuomane, incapace di gestire la rabbia e vittima di shopping compulsivo”. C’è una valanga di musica favolosa che esce fuori dallo schermo (brani spesso intelligentemente riarrangiati: quando vengono orchestrati, si capisce la grandezza da maestro di musica classica che era Elton John). Il film fa anche qualcosa d’altro: finalmente conosciamo testi che, dietro a quelle musiche bellissime, sono spesso passati in secondo piano, merito del genio di Bernie Taupin. “I want love”, canta Elton, ed è tutto quello che ha desiderato nella vita, quell’amore che i genitori in maniera incredibilmente crudele gli hanno negato. Una canzone che poteva essere una semplice canzoncina d’amore, I Want Love, assume così tutt’altro peso.



Il film è una serie di 12 episodi, in cui Elton drogato e ubriaco fa sesso con la tuta da ballo, indossa una veste da satana, tute cremisi e ali di boa di piume. C’è infatti un sottofondo satanico, ed è il dolore e l’odio per se stesso in un crescendo fiammeggiante che rispecchia la sua dipendenza da ogni genere di abuso. E’ un totale caos come persona, che tenta anche il suicidio. “Come eri da bambino?” chiede qualcuno: siamo nel passato di Elton, tra le sporche strade della periferia di Londra nel dopoguerra, dove la nonna è l’unica anima solidale che il piccolo Elton ha. Sarà sostituita da Bernie Taupin come figura salvifica, quando si incontrano per bere un tè, trovando in Streets of Laredo la loro comunione musicale, formando una partnership che per Elton sarà un’ancora di salvezza nei periodi più turbolenti, benché fatta di amore e rifiuto per una persona dai problemi psicologici devastanti come è Elton. Sono “fratelli” dicono più volte e ovviamente il punto più basso nella parabola di autodistruzione del cantante è quando spezza quel legame. Una relazione che è l’anima del film salvandolo dall’essere troppo frivolo o troppo enfatico.

E intanto c’è la musica: potremmo essere a Broadway, il film è una sorta di jukebox musicale, la storia è quasi una scusa per questa carrellata di canzoni strepitose. Ovvio paragonare Rocketman a Bohemian Rapsody (, che preannunciano un flusso infinito di biografie rock sul grande schermo. Entrambi presentano personaggi che lottano con il loro orientamento sessuale e con sostanze stupefacenti la cui discesa verso la morte è più che prevedibile. Entrambi sposano due donne che non sono in grado di renderli felici, in quanto omosessuali latenti. Dove Rocketman vince però è nella sua felice abdicazione dalla cruda realtà. Le canzoni, i colori, le danze e sì, la redenzione sono qualcosa che vogliono rendere le gente felice. E ci riusciranno. Il film termina con la dichiarazione che Elton John non assume più droghe ed è sobrio da 28 anni, ma ha ancora qualche problema sullo shopping compulsivo… ci sta lavorando. Intanto non ha più bisogno dei vecchi travestimenti assurdi, ha trovato l’amore che cercava ed è finalmente l’uomo che cercava se stesso.