CHI È ELUANA ENGLARO A 14 ANNI DALLA BATTAGLIA SUL FINE VITAEluana Englaro è morta il 9 febbraio 2009
in una casa di cura a Udine: aveva 39 anni e negli ultimi suoi 17 anni di vita è rimasta in stato vegetativo a seguito di un drammatico incidente stradale avvenuto il 18 gennaio 1992. Questa sera alle 23.15 su Rai 3 nella nuova puntata di “La Scelta”, Ezio Mauro intervista proprio papà Beppino Englaro che nella vicenda della lunga malattia della figlia tentò in ogni modo di ottenere dallo Stato il via libera per sospendere i trattamenti vitali per Eluana in quanto, ha sempre sostenuto, la figlia non avrebbe voluto rimanere in “vita” in quelle condizioni. La storia di Eluana, Beppino e della madre Saturna è il primo vero caso nazionale che seppe porre all’attenzione in maniera così approfondita e drammatica la vicenda del fine vita e dell’eutanasia: alla fine infatti la famiglia Englaro, dopo 10 anni di battaglie giuridiche e politiche, ottenne di poter sospendere il trattamento del sondino nasogastrico che assicurava cibo e acqua alla ragazza 22enne nel momento in cui entrò in coma.
Nasce tutto in quel 18 gennaio quando sulla provinciale che collega Calco a Lecco, l’auto guidata da Eluana Englaro slitta alle tre di notte su una lastra di ghiaccio e finisce contro un palo: i soccorsi arrivano quando già lo sguardo di Eluana è fisso, immobile, fermi i riflessi e completamente in coma. Dopo essere stata trasportata all’ospedale di Lecco nel reparto di Rianimazione con gravi lesioni al cervello e la frattura di una vertebra cervicale, Eluana Englaro il 18 febbraio 1994 esce dal coma: respira da sola, dorme, si sveglia e viene nutrita attraverso un sondino. Tra il 1992 e il 1996 genitori, amici e medici tentano di stimolare Eluana per farla uscire dal “torpore” ma il 19 novembre 1996, Eluana viene dichiarata interdetta per assoluta incapacità dal Tribunale di Lecco e viene nominato come tutore suo padre Beppino. Nel frattempo la ragazza è stata trasferita nella casa di cura “Talamoni” a Lecco, gestita dalle suore misericordine (in particolare è Suor Rosangela a prendersi cura di Eluana affezionandosi negli anni quasi fosse una figlia).
ELUANA ENGLARO, IL CASO GIUDIZIARIO E LA BATTAGLIA POLITICA
17 anni lunghi anni di battaglie legali, scontri politici per far affermare quello che Beppino e la moglie Saturna Englaro hanno sempre ripetuto fin dal principio: Eluana avrebbe voluto, se si fosse trovata in quelle condizioni, non essere mantenuta in vita. La “scelta” degli Englaro in realtà fu presa praticamente subito, quattro giorni dopo il terribile incidente che condusse la giovane Eluana in coma vegetativo, nutrita con sondino nasogastrico: come racconterà Beppino a Ezio Mauro nell’intervista di questa sera a “La Scelta”, cominciò già in quei giorni la richiesta allo Stato e alla medicina di poter staccare l’alimentazione in quanto la ragazza era condotta ormai ad una degenerazione definitiva a livello cognitivo e fisico. Nel 1999 inizia però ufficialmente la battaglia legale di Beppino Englaro per sostenere l’alimentazione alla figlia: Tribunale di Lecco respinge per la prima volta la sua richiesta sostenendo che l’alimentazione forzata «non può essere considerata una cura medica» e dunque non si può invocare l’articolo 32 della costituzione per cui «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge». Stesso iter troverà nel 2003 sempre a Lecco e per la Corte d’Appello di Milano.
La prima svolta nel caso di Eluana Englaro arriva nel 2007 quando Corte di Cassazione annulla il provvedimento della Corte d’Appello e rinvia a una sezione di Milano, argomentando che il giudice può interrompere le cure in presenza di due circostanze: «condizione di stato vegetativo irreversibile», e «elementi di prova chiari, univoci e convincenti della volontà del paziente, tratta dalle sue precedenti dichiarazioni o dalla sua personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti, corrispondendo al suo modo di concepire, prima di cadere in stato di incoscienza, l’idea stessa di dignità della persona». Il 16 luglio 2008 la Corte d’Appello di Milano riesamina il caso e autorizza Beppino Englaro a interrompere il trattamento di idratazione e alimentazione: tre giorni dopo però il 19 luglio 2008 il Parlamento solleva un conflitto di attribuzione contro la Cassazione, sostenendo che «la pronuncia del 2007 costituisce un atto sostanzialmente legislativo, innovativo dell’ordinamento vigente», che invece spetta solo al legislatore. Nell’ottobre 2008 la Corte Costituzionale dà però ragione ai giudici di Cassazione stabilendo che la loro sentenza «non è innovativa perché basata sul principio costituzionale di poter rifiutare le cure». Il Governo Berlusconi – dopo mesi di appelli della Chiesa e delle tante realtà vicine alla casa di cura “Talamoni” (che nel frattempo continua a prendersi cura ogni giorno amorevolmente di Eluana) – tenta in extremis con un decreto legge ad evitare la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione nei pazienti in stato vegetativo: il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si rifiuta però di firmare il decreto perché considerato incostituzionale. Eluana viene trasportata dalla casa di cura di Lecco alla casa di riposo ‘La Quiete’ di Udine il 3 febbraio 2009 in quanto dalla sanità di Regione Lombardia era netto il giudizio di non voler far rispettare quella sentenza considerata dal dg Lucchina «disumana». Il 9 febbraio 2009 Senato si riunisce per discutere un disegno di legge per provare a fermare l’esecuzione della sentenza della Corte d’Appello, ma mentre il dibattito era in corso arriva la notizia della morte di Eluana Englaro: il 6 febbraio, anticipando il nuovo disegno di legge che il Governo stava preparando per dirimere la questione, su richiesta dei genitori vengono sospese alimentazione e idratazione nella casa di cura di Udine. Un Paese intero diviso sul fine vita, un primo “assaggio” (dopo la già dirimente vicenda Piergiorgio Welby, dove però le intenzioni dell’uomo di porre fine all’esistenza erano manifeste a differenza di Eluana che ufficialmente non si era espressa in quanto in coma) dello scontro perdurante fino ad oggi in materia di eutanasia e “diritto alla morte”.