“Il vaccino è sicuro ed efficace”, “non può essere associato a un incremento degli eventi di trombosi” e “i benefici superano i rischi”. Sono le conclusioni a cui è arrivata l’Ema, l’Autorità europea dei farmaci, a conclusione del suo esame approfondito dei casi di reazioni avverse che avevano spinto una ventina di paesi, tra cui l’Italia, a sospendere le somministrazioni. Ma la vigilanza non si ferma, perché “non può essere escluso un legame con i rari casi tromboembolici e perciò occorre avvertire di queste possibilità”: da un lato, continuerà il monitoraggio dei casi e dall’altro l’azienda britannica dovrà aggiornare il foglietto informativo, così che operatori sanitari e cittadini “apprendano meglio queste informazioni, permettendo loro di mitigare questi effetti collaterali”. Poche ore prima anche l’Mhra, l’Authority inglese sui farmaci, era giunta alle medesime conclusioni: “Non ci sono prove che i vaccini contro il Covid causino delle trombosi”. La decisione dell’Ema è stata accolta “con soddisfazione” da Mario Draghi, che ha annunciato che la somministrazione del vaccino AstraZeneca riprenderà già oggi. Cosa cambia dopo questo verdetto? Ne abbiamo parlato con Fabrizio Pregliasco, ricercatore del Dipartimento di scienze biomediche per la salute dell’Università di Milano e direttore sanitario dell’Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano.
Come valuta il verdetto dell’Ema?
È per certi versi una decisione pilatesca, e non poteva che essere così.
Perché?
È vero che l’Ema è arrivata a una “conclusione chiara: vaccino sicuro ed efficace, protegge dal Covid-19”, tuttavia ha sottolineato che “non può essere escluso un legame con i rari casi tromboembolici e perciò occorre avvertire di queste possibilità”. Si è voluto un po’ nascondere che il rischio zero non esiste. È un po’ come il warning che si mette sui pacchetti di sigarette. Lascia dei margini che, se non ben gestiti, rischiano di rafforzare quella percezione, che già c’era, che sia un vaccino di Serie B.
Che cosa glielo fa pensare?
Potrebbe probabilmente venire fuori che per una donna in terapia ormonale sarebbe meglio non farlo, ma il problema si risolve somministrandole un altro vaccino. Ma se a rifiutare AstraZeneca, perché lo percepiscono come un vaccino su cui pesano tanti dubbi, sono quelli che lo devono ricevere come prima base?
L’Ema però non ha trovato “prove di problemi di qualità o sui lotti”. Non è importante?
Certo, perché dice, da un lato, di una standardizzazione già ben acquisita e dall’altro non fa emergere, come si sarebbe potuto temere, alterazioni di una produzione non stabile.
Ci si aspettavano dei paletti nell’uso di AstraZeneca, invece non è stata indicata nessuna restrizione né è stato segnalato alcun gruppo di rischio particolare. È positivo, non crede?
Vero. Ora è sperabile che dopo questa decisione le singole nazioni non si muovano per conto loro, creando un effetto Arlecchino.
La vigilanza dell’Ema resta alta: “Continuiamo a monitorare i casi”. Che cosa significa?
Questo è normale. La fase 4 di farmacovigilanza, quella attuale, è ciò che normalmente si fa per ogni farmaco o vaccino in commercio. Si continua ad approfondire.
Potrebbero insorgere altri effetti collaterali avversi?
Sì, ma ovviamente ancora più rari e solo una platea più ampia di vaccinati può evidenziarli.
Le varianti potrebbero incidere su questi eventi avversi?
Assolutamente no. Al limite potrebbero incidere sull’efficacia del vaccino.
Dopo le avvertenze dell’Ema dovrà cambiare la comunicazione verso i cittadini?
È importante che gli enti regolatori parlino con una voce sola.
Deve cambiare qualcosa nella farmacovigilanza post-vaccinazione?
No, si continua come sempre. La farmacovigilanza è legata al fatto che chiunque – sia esso un normale cittadino o un farmacista o un medico – può segnalare casi di effetti indesiderati, non c’è una selezione. Tutti vengono esaminati per capire se meritano o meno ulteriori approfondimenti.
Ci sono sintomi ai quali prestare maggiore attenzione?
Come già avveniva prima, è giusto fare attenzione se persiste per 3-4 giorni il mal di testa.
La sospensione per qualche giorno delle somministrazioni di AstraZeneca e questa decisione dell’Ema possono aver messo in discussione la fiducia nei vaccini?
È molto probabile: il tira-e-molla di questi giorni, dove in tanti non hanno fatto bella figura, rischia di diventare incomprensibile a molti e spunto per alimentare i sospetti di chi è dubbioso.
Pur partita con qualche inciampo, la campagna vaccinale mostra primi benefici. Stando ai dati dell’Iss, in Italia dal 28 dicembre al 1° marzo i contagi degli operatori sanitari sono diminuiti del 98% e gli effetti si stanno vedendo anche tra gli over 80. Secondo una stima, poi, in un mese si sarebbero risparmiati indicativamente 3.500 decessi per Covid. Non sono numeri sufficientemente convincenti per vincere le diffidenze?
Questi dati non fanno altro che confermare l’evidenza dell’utilità dei vaccini, l’unica arma per sconfiggere una pandemia. È l’approccio inglese, pragmatico, delle nazioni che si concentrano sull’aspetto strategico per far riprendere l’economia.
Le vaccinazioni riprenderanno già domani, ma va recuperato il tempo perso. Che cosa bisogna fare?
L’aspetto logistico-organizzativo diventa ancor più decisivo, gestendo un orario di apertura dei punti vaccinali più lungo. E sul fronte comunicativo sarà importante trasmettere un messaggio rassicurante, orientato alla massima trasparenza e oggettività scientifica.
Secondo lei, dunque, la decisione dell’Ema non fuga tutti i dubbi?
No. E in questa fase non è una cosa bella, vista la non eccessiva disponibilità di dosi: abbiamo invece bisogno che si proceda con i vaccini che già ci sono.
Potrebbero sorgere problemi simili anche per gli altri vaccini?
Oggi il focus è su AstraZeneca, ma si sono verificati casi di reazioni avverse in Gran Bretagna e Stati Uniti anche con gli altri sieri anti-Covid. Ma tutti i vaccini presentano effetti collaterali.
Qui si parla di 25 casi “di eventi tromboembolici rari su 20 milioni di vaccinati”. In pratica, poco più di un caso su un milione. Una casistica nella norma?
Assolutamente sì.
Che cosa insegna questa vicenda AstraZeneca?
L’aver rimandato la questione all’Ema può essere stato utile per evitare un’eccessiva difformità di comportamento tra i vari Stati, c’è stato un reset indispensabile. La politica è stata troppo interventista.
(Marco Biscella)