Ema Stokholma, chi sono i genitori: origini italo-francesi e infanzia difficile
Ema Stokholma è una talentuosa conduttrice radiofonica e televisiva, uno dei simboli di Rai Radio 1, ma dietro il grande successo e i sorrisi si nasconde una storia personale piuttosto complicata e segnata da una difficile infanzia. La speaker, che oggi pomeriggio sarà accolta da Caterina Balivo su Rai 1 per un’intervista a La volta buona, è stata vittima di violenze da parte della madre, che l’ha cresciuta da sola assieme al fratello Gwendal prima di scappare di casa all’età di 15 anni.
Nata e cresciuta in Francia, nel comune di Romans-sur-Isère, dei genitori di Ema Stokholma non si hanno informazioni se non quelle raccontate dalla stessa conduttrice in diverse interviste, in cui ha ripercorso la sua difficile infanzia. Il padre era tornato in Italia prima della sua nascita, la madre ha così dovuto occuparsi da sola della crescita dei figli, i quali sono stati continuamente vessati durante il loro percorso di crescita dalle sue violenze fisiche e psicologiche.
Ema Stokholma e le violenze della madre: “Erano parte del nostro quotidiano“
Ema Stokholma, come più volte raccontato, dopo innumerevoli tentativi di fuga alla fine è riuscita a scappare da quella casa segnata da botte e violenze e a 15 anni è approdata in Italia, a Roma, dal padre: da quel momento in poi ha ricominciato un nuovo capitolo di vita, ottenendo una sua indipendenza e iniziando a fare carriera. In un’intervista al Corriere della Sera dell’agosto 2023, la donna aveva raccontato del recente viaggio fatto in Francia nel suo paese d’origine, al fianco dell’allora fidanzato Angelo Madonia.
In particolare, durante quel suo ritorno alle origini, tornò anche su un ponte dal quale da piccola la madre la esortò a buttarsi: “Ho sputato nell’acqua. Avevo circa 8-9 anni, non l’ascoltai solo perché in quel momento passò un conoscente che, ignaro, si mise a parlare con lei e la distrasse. Le violenze erano parte del nostro quotidiano”. Oltre al clima pesante che si respirava in casa, a far soffrire Ema era soprattutto l’indifferenza generale: “Il grande senso di solitudine intorno a noi era peggio delle botte. Quello che accadeva in quella casa non era colpa di nessuno: mia madre era malata. Ma l’indifferenza che trovavamo fuori, di fronte ai lividi e alle urla, è stata colpa di tutti“.