Questa sera andrà in onda il docufilm ‘I ragazzi delle scorte‘, dedicato alla figura – spesso dimenticata o rilegata ad un generico “agente di scorta” – di Emanuela Loi, morta nella Strage di via d’Amelio proteggendo il giudice Paolo Borsellino, assieme ai colleghi Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina e Vincenzo Fabio Li Muli. Una storia – la sua – di sacrificio e di onore, per una divisa che non voleva neppure indossare, ma che ha deciso di rispettare fino all’ultimo minuto che le è stato concesso, raccontata – nel docufilm in onda si Rai 3 – dalla sorella, Claudia, dal collega e amico d’infanzia Emanuele Filiberto, oltre che dalla nipote che non ha mai conosciuto sua zia e ne porta – indossando anche la sua stessa divisa – il nome.



Senza dedicare troppo spazio ai fatti notissimi della Strage in via D’Amelio, ci limitiamo a ricordare che era il 19 luglio del 1992, quando il giudice antimafia Borsellino – già indicato tra le probabili vittime in una strage, dopo quello che appena 57 giorni prima era capitato al suo fidato collega Giovanni Falcone – accompagnato dal Emanuela Loi, Catalano, Cosina, Traina e Li Muli, raggiunse casa di sua madre in via Mariano D’Amelio a Palermo: il resto è storia, con l’esplosione dell’ordigno e tutto ciò che ne conseguì e portò alla fine del maxiprocesso.



Chi era Emanuela Loi: la divisa per caso, poi il trasferimento a Treviso e a Palermo

Ad oggi di Emanuela Loi conosciamo praticamente tutta la carriera, mentre sulla sua vita privata i familiari hanno sempre preferito mantenere un dovuto velo di segretezza e – di fatto – sappiamo solamente che è nata a Cagliari nell’ottobre del 1967, per poi entrare in Polizia di Stato nell’89, ad appena 22 anni di età, seguendo la strada della sorella quasi per gioco e superando l’esame. Spedita a frequentare il corso Allievi a Trieste, dopo due anni finì a Palermo, senza mai smettere di sognare di poter rientrare nella sua Cagliari, con i moduli per il trasferimento già depositati ed una sempre più abbattuta Emanuela Loi che ogni giorno telefonava alla sua famiglia.



Dopo aver piantonato Villa Pajano – all’epoca del presidente Sergio Mattarella – ed essere stata assegnata alla scorta della senatrice Grassi, ha avuto la prima esperienza diretta con le mafie grazie ai piantonamento del boss Madonia e in brevissimo tempo – esattamente nel ’92, all’indomani della morte di Falcone – è stata assegnata al giudice Borsellino. Con lui Emanuela Loi ha trascorso buona parte di quegli ultimi 57 drammatici giorni, salvo una breve malattia che si prese due settimane prima della Strage in via D’Amelio.

Il memoriale della Polizia: “Solare, sorridente e spensierata. Amava il suo lavoro”

Sulla persona che era Emanuela Loi alcune piccole informazioni le dà il memoriale che le è stato dedicato dalla Polizia dopo la strage, che la descrive come una ragazza “solare, sempre sorridente con un’aria sbarazzina e spensierata“, ma che al contempo “amava molto il suo lavoro, pur essendo consapevole del pericolo che correva ogni giorno”; mentre sicuramente il docufilm di questa sera aiuterà ad approfondire quei pochi anni che la giovanissima Emanuela Loi trascorse nella sua bella Cagliari, prima di finire a viaggiare per mezza Italia fino ad un’altra isola, ad un passo dall’obiettivo di tornare a casa.

Ma vi lasciamo anche con un ultimo simpatico aneddoto, ripescato direttamente dalle parole di sua sorella, Claudia, in una vecchia intervista rilasciata a Tv Sorrisi e Canzoni, nella quale ha rievocato le parole del figlio di Paolo Borsellino, che la prima volta che vide Emanuela Loi “vedendola così piccolina, le disse: ‘Tu fai la scorta a me? Dovrei essere io a farla a te‘”.