Il caso di Emanuela Orlandi è tornato in testa alle cronache con la recente apertura di un’inchiesta vaticana e l’incontro, per la prima volta a 40 anni dalla scomparsa della 15enne, tra il fratello Pietro Orlandi e gli inquirenti della Santa Sede. Ma c’è un nodo centrale tra le maglie della nuova indagine: l’audio che il giornalista Alessandro Ambrosini ha diffuso pochi mesi fa contenente le dichiarazioni di Marcello Neroni, ex uomo della Magliana, in cui avanza esplicite accuse a Wojtyla sull’onda dello spettro della pedofilia nel cuore del Vaticano. A Chi l’ha visto?, oltre alla sorella di Emanuela Orlandi, Natalina, è intervenuto Antonio Mancini, un passato criminale come membro della Banda della Magliana e alle spalle il carcere prima della sua collaborazione con la giustizia.



Secondo Mancini, il contenuto dell’audio di Neroni, registrato nel 2009 e prodotto da Pietro Orlandi all’attenzione del promotore di giustizia vaticano Alessandro Diddi l’11 aprile scorso, non sarebbe credibile. A detta di Mancini, Neroni non sarebbe stato altro che un “tirapiedi”, un “ammorbidente” per i riottosi che si rifiutavano di pagare nel tessuto delle estorsioni, ma Enrico De Pedis, il boss della Magliana noto come “Renatino”, non avrebbe nutrito alcuna stima né fiducia in lui e non gli avrebbe mai rivelato segreti criminali di qualunque entità, figurarsi cose indicibili come quelle di cui disse di essere a conoscenza relativamente alla scomparsa Orlandi.



Caso Emanuela Orlandi: le parole di Antonio Mancini su Marcello Neroni

L’audio dell’uomo della Magliana che accusa Wojtyla di pedofilia, Marcello Neroni, fu registrato da Alessandro Ambrosini, il giornalista che poi lo ha diffuso pochi mesi fa attraverso il suo blog Notte Criminale, nel 2009. “Non è un personaggio a caso, un personaggio minore, è un personaggio laterale che è il nodo tra il mondo di sotto e mondo di mezzo. Non ha detto cose a caso, è stato specifico“, ha sottolineato Ambrosini. Pietro Orlandi lo ha portato all’attenzione di Diddi durante l’incontro di pochi giorni fa in Vaticano, e la famiglia di Emanuela Orlandi ha precisato che, al netto di ogni polemica sulle ombre che quelle dichiarazioni getterebbero sul papato di Giovanni Paolo II, non c’è alcuna intenzione di infangare la memoria di Wojtyla. Il solo interesse degli Orlandi è conoscere qual è stata la sorte di Emanuela e analizzare ogni declinazione degli eventi che potrebbero aver portato al suo rapimento.



Secondo Antonio Mancini, un uomo con un ruolo di scarso rilievo quale quello di Marcello Neroni all’interno della Banda della Magliana non avrebbe potuto conoscere alcun segreto scottante né essere il confidente di De Pedis, tantomeno in merito al presunto ruolo del Vaticano nella scomparsa di Emanuela Orlandi. “Neroni io lo conosco dagli anni ’60 – ha raccontato Mancini a Chi l’ha visto?, da quando Roma non era ancora criminale ma solo malavitosa. Siccome era forte di mani, sapeva menare, lui era tra quelli che erano “ammorbidenti”, cioè che andavano dai riottosi che non volevano pagare per renderli più ‘malleabili’. Io fui arrestato nell’operazione Colosseo e tra questi arresti c’era anche Marcello Neroni (…) Renatino, a differenza di quanto lui afferma oggi, lo trattava come un tirapiedi (…), non solo non si fidava di lui e non lo stimava, non gli era amico, ma era nient’altro che uno da usare come ne usava tanti“.