Il mistero sulle sorti di Emanuela Orlandi non solo non è stato ancora risolto, sebbene siano passati trentanove anni, ma continua a inquietare. Ci sono infatti risvolti criminali, finanziari e sessuali. Dunque, non è solo la storia della scomparsa di una ragazza di 15 anni, ma di un intrigo che porta al Vaticano. Non è semplice però trovare risposte, ma un’amica di Emanuela Orlandi ha deciso per la prima volta di rivelare un segreto di cui la ragazza l’aveva messa al corrente. Ne parla a “Vatican girl“, una docuserie scritta e diretta da Mark Lewis su Netflix in esclusiva dal 20 ottobre. Questo segreto ruota attorno all’interesse sessuale di un alto prelato.



Andrea Purgatori sulle colonne del Corriere della Sera anticipa che tale interesse si manifestò con un approccio in Vaticano che turbò molto Emanuela Orlandi, proprio alla vigilia della sua scomparsa, avvenuta nel pomeriggio del 22 giugno 1983, dopo che uscì dalla scuola di musica dietro Piazza Navona. Nel giallo si aggiunge, dunque, una eventuale storia di pedofilia, ma non è chiaro se sia davvero questa la spiegazione del mistero. Questa docuserie però racconta i due tempi di questo mistero. Il primo riguarda ciò che accadde il giorno della scomparsa, il secondo coinvolge il Vaticano. Non va trascurato in questa vicenda il legame tra la Terra Sommersa (quella in cui la criminalità dettava legge, come la Banda della Magliana che Enrico De Pedis aveva trasformato in service a disposizione dei poteri occulti) e i traffici dello Ior, la banca del Vaticano. Infatti, quest’ultima è una delle piste principali.



EMANUELA ORLANDI, RAPITA SU COMMISSIONE DI UN PRELATO?

Dunque, c’è l’ipotesi che Emanuela Orlandi sia stata rapita su commissione da parte di un potente pedofilo del Vaticano? Se così non fosse, comunque la sua scomparsa fu usata come strumento di ricatto da chi, forse un’organizzazione mafiosa ipotizza Andrea Purgatori sul Corriere della Sera, pretendeva dallo Ior la restituzione di tanti soldi che invece di essere riciclato era sperimento nel crac da 1.200 miliardi di lire del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, di cui monsignor Paul Marcinkus era corresponsabile. Un ricatto per il quale non fu mai fornita la prova in vita di Emanuela Orlandi, ma così inconfessabile da costringere comunque il Vaticano a trattare. Così ci sarebbe stata una coda di altri ricatti incrociati, documenti falsificati e intrecci internazionali, ma soprattutto un silenzio di quasi quarant’anni, nel quale si sono susseguiti tre pontificati. Un mistero che ha devastato la famiglia, che attende ancora risposte e non si arrende all’idea che la verità possa scomparire insieme ad Emanuela Orlandi.

Leggi anche

Caso Emanuela Orlandi e Katy Skerl, "17enne arrivò viva nel mio campo, c'è prova"/ Cambia scena del delitto?