Il nastro che ha riaperto il caso Emanuela Orlandi contiene molti altri segreti. Parola di Alessandro Ambrosini, che ha raccolto le rivelazioni finite due giorni fa in Vaticano tramite il fratello della ragazza scomparsa nel 1983. Pietro Orlandi, infatti, lo ha portato dal promotore di giustizia vaticano, Alessandro Diddi, in attesa di una svolta concreta. Quel nastro, con le rivelazioni da verificare di Marcello Neroni, uomo di punta di Renato De Pedis, la mente strategica della Banda della Magliana, racconta anche i rapporti tra gli apparati dello Stato e l’alta criminalità, oltre ad aprire ad una possibile rivisitazione storica del papato di Karol Wojtyla. «Non mi aspettavo assolutamente di sentire accusare il Papa “del muro di Berlino”, in modo così forte e soprattutto dettagliato nei passaggi antecedenti il rapimento di Emanuela», confessa Ambrosini al Riformista. Del resto, non era quello l’argomento principale dell’incontro.



Quel colloquio risale al 2009, quando con due collaboratori era andato a intervistarlo sulla Banda della Magliana per un’inchiesta che stava facendo in relazione ai rapporti tra la criminalità romana e il potere economico-politico a Roma. Ma Alessandro Ambrosini ha fatto poi ascoltare a Pietro Orlandi gli audio che riguardano la sorella. «Non era facile mettere nello stesso articolo l’argomento degli abusi sessuali e la figura di un Papa che “doveva” diventare Santo». Nel colloquio, comunque, Neroni conferma quanto emerso dall’inchiesta del giudice Otello Lumachini sulla Magliana, cioè che aveva goduto di protezioni da uomini dello Stato. «I rapporti sono stati profondi e di altissimo livello». In quell’audio «parla di personaggi al centro delle vicende più intricate e oscure degli anni ’90 e 2000. E non lo fa mai in modo approssimativo, ma con dovizia di particolari».



“NASTRO? ANDREBBERO APERTE ALTRE INDAGINI…”

Alessandro Ambrosini al Riformista spiega che Marcello Neroni ha detto chiaramente che su Emanuela Orlandi quanto ha rivelato è «una verità che non interessa più a nessuno». Secondo l’autore del nastro non voleva mandare un messaggio a qualcuno, ma d’altra parte non pensava di parlare col blog Notte Criminale, bensì con uomini mandati da qualche magistrato, apparato dei servizi o forze dell’ordine. «Il messaggio era chiaro: conosco pezzi di storia indicibili, non pestate i miei piedi perché ho le amicizie giuste per creare problemi molto seri». Il suo lavoro potrebbe finire sul tavolo della commissione parlamentare d’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. Di sicuro, Ambrosini è disposto a fornirla integralmente e ad essere ascoltato, anche dal Vaticano se necessario: «La vera domanda è: riusciranno ad ascoltarlo senza dover aprire altri fascicoli d’inchiesta?». Il riferimento è al racconto, appunto, di Neroni, perché «riscrive i rapporti tra apparati dello Stato e la grande criminalità». Anche se è un personaggio minore, è comunque la fonte che annuncia un attentato finito in un report del Ministero dell’Interno, che aveva come obiettivo il primo grande pentito della Banda della Magliana, Maurizio Abbatino. Ambrosini spiega che doveva avvenire alla scuola di polizia di Campobasso durante l’interrogatorio con tre giudici che stavano indagando su diverse vicende, cioè Otello Lumachini, Guido Salvini e Leonardo Grassi. Infine, quando gli viene chiesto se l’uomo che sostiene di conoscere il movente del rapimento di Emanuela Orlandi era una fonte delle forze dell’ordine, Ambrosini replica: «Nell’intervista Neroni parla a lungo e diffusamente di Gianni De Gennaro, per esempio. Su momenti precisi e con dettagli mai casuali».

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