Continuano ad accumularsi le voci (e per certi versi, anche i misteri) attorno al caso di Emanuela Orlandi che dall’ormai lontano 1983 continua a tenere incollati gli italiani ai quotidiani in attesa di qualche sviluppo su quella che è a tutti gli effetti la sparizione più famosa della cronaca recente: la ragazza poco più che 15enne sparì – infatti – nel nulla il 22 giugno 1983 e da quel momento sono state decine e decine le piste seguire dagli inquirenti; tutte risolte con un nulla di fatto a causa dell’assenza di prove e dei muri di omertà contro cui si sono scontrati.



Dopo anni di lotte, il fratello di Emanuela Orlandi è riuscito a riaccendere i riflettori sulla vicenda portano – lo scorso anno – all’apertura di ben tre commissioni d’inchiesta: la prima su spinta di Papa Francesco che più di ogni altro suo predecessore sembra voler abbattere il muro d’omertà vaticana; la seconda a carico del Parlamento che ha indetto una vera e propria Commissione bicamerale e la terza per volere della procura capitolina.



Tra le tre inchieste, quella che procede più spedita sembra essere quella a carico della Commissione bicamerale che in questi giorni – e da diversi mesi a questa parte – sta interrogando tutte le persone coinvolte nella vicenda: dopo gli amici e i compagni della scuola di musica, ora si attende il cosiddetto ‘uomo del citofono’, ovvero quel Alessandro De Luca che fu evocato da un misterioso individuo al campanello di Emanuela Orlandi pochi giorni dopo la sparizione di Mirella Gregori; subito dopo toccherà alla “amica più cara” della 15enne, Gabriella Giodrani e – da ultimo – al famosissimo Americano – ovvero Marco Accetti – che fu il portavoce dei sequestratori. 



Emanuela Orlandi: le nuove rivelazioni sul biglietto d’addio riaccendono i dubbi sul ruolo degli 007

Proprio soffermandoci sulla figura dell’Americano, si ricorderà che pochi giorni dopo la scomparsa di Emanuela Orlandi fu proprio lui (come ha confermato, confessando anche la sua partecipazione all’intricato mistero) a lasciare quello più volte definito come il ‘bigliettino d’addio’ della ragazza: rinvenuto in un cestino della spazzatura in piazza Parlamento, il foglietto era una fotocopia di un messaggio apparentemente scritto dalla 15enne – come confermò anche la sua famiglia – che riportava solamente la frase “Con tanto affetto, la vostra Emanuela“.

Un biglietto fino ad ora rimasti quasi del tutto avvolto da una spessa coltre di nebbia e che non sembra mai aver trovato una reale ‘utilità’ nella sparizione, ma che grazie ad una perizia calligrafica richiesta da Giallo presenta alcune singolari novità: il biglietto (che ripetiamo essere una fotocopia) sarebbe stato “creato assemblando due testi – spiega l’esperta Sara Cordella – differenti con una semplice attività meccanica”. In altre parole, non un foglietto autografo ma un collage creato partendo da altri due testi effettivamente scritti – seppur “in tempi diversi” – dalla ragazza, realizzato da un completo ignoto e piazzato nel luogo del ritrovo dall’Americano. 

Resta solamente da capire chi – ed ovviamente per quale ragione – ha creato il biglietto d’addio di Emanuela Orlandi dato che l’accesso a testi scritti in tempi diversi dalla ragazza ce l’avevano solo due soggetti: da un lato la famiglia, che è sempre stata ritenuta completamente estranea alla vicenda; dall’alto quel plotone di agenti dei servizi segreti che nei giorni immediatamente successivi alla sparizione si presentò a casa Orlandi per prelevare parecchio materiale – tra cui due agendine – dalla cameretta della 15enne.