“Emanuela Orlandi è stata sepolta sotto Castel Sant’Angelo“. A sostenerlo è Antonio Goglia, ex carabiniere che ha riportato ciò in una lettera mandata al sostituto procuratore Stefano Luciani, il pm che sta lavorando alla nuova inchiesta sulla cittadina vaticana scomparsa nel 1983, quarant’anni fa. L’ex militare, ora impiegato comunale di San Giorgio a Cremano, ritiene che sia sepolta lì insieme a Mirella Gregori. Nella missiva sostiene di aver “condotto studi approfonditi” e, alla luce anche di “fatti concreti che al momento ritengo preferibile non porre in evidenza“, nei sotterranei del Castel Sant’Angelo, o Mole Adriana, “dietro una porta rinforzata dovrebbe trovarsi una stanza di circa 20 metri quadri“, nella quale ci sarebbero resti umani, tra cui quelli di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. L’ex carabiniere evidenzia altresì che, in virtù del fatto che la struttura dovrebbe ricadere sotto l’autorità del Comune di Roma, non dovrebbe essere quindi difficile disporre un sopralluogo. “Mi assumo tutta la responsabilità di quanto dichiaro e sono pronto a risponderne civilmente e penalmente“, conclude nella lettera.
Intervistato da ItaliaOggi, rivela di voler essere interrogato anche dal magistrato vaticano Alessandro Diddi, che sta conducendo l’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi Oltretevere. “Sì, oltre che a Pietro Orlandi, che mi ha ignorato, ho scritto anche al procuratore di giustizia del Vaticano“. Antonio Goglia gli ha parlato della telefonata del 4 settembre 1983 dei rapitori: “Offriva vari indizi“. Il riferimento è alla Via Crucis, alla basilica di Santa Francesca Romana e ad una data, 20 luglio, ritenuta molto significativa, perché in quel giorno del 1578 fu “sciolta una confraternita in una basilica della Via Crucis papale, i suoi membri sono stati arrestati e mandati al rogo“.
EMANUELA ORLANDI, LA TEORIA SULLA CONFRATERNITA
La tesi esposta da Antonio Goglia a ItaliaOggi è molto articolata. Quei frati, racconta, avevano la colpa di sposarsi l’uno con l’altro, “maschio con maschio, durante una messa, prendendo la comunione e leggendo i brani del vangelo inerenti al matrimonio“. Ciò nella convinzione che “il fatto di procedere secondo la liturgia in uso per unire in matrimonio un uomo e una donna legittimasse anche le loro unioni“. L’ex carabiniere aggiunge che questa storia è stata raccontata da Michel de Montaigne nel suo Viaggio in Italia e dallo storico inglese Gary Ferguson in un saggio del 2016. Cosa c’entra tutto questo con la scomparsa di Emanuela Orlandi? “A proibire il matrimonio tra religiosi è il vecchio canone 1058, confermato dall’attuale codice di diritto canonico del 1983, anno dei sequestri della Orlandi e della Gregori“. L’ex carabiniere lo associa al codice telefonico 158 della Segreteria di Stato vaticana. Manca lo zero? Anche su questo c’è una spiegazione per Goglia. “Manca perché nel 1983 i numeri telefonici interni vaticani non potevano superare le tre cifre. Secondo la mia tesi, il codice 158 identifica senza ombra di dubbio il canone 1058 che impone il celibato sacerdotale“. Di conseguenza, l’aver indicato quel codice indica cosa volessero i sequestratori: “L’abolizione del celibato sacerdotale, canone 1058, altrimenti avrebbero ucciso la Orlandi e la Gregori“. Secondo l’ex militare “esiste del materiale fotografico che andrebbe ricercato ed esibito al grande pubblico“, ma preferisce non spingersi oltre. Così come preferisce non suggerire nomi di persone da interrogare. “Dico solo che quanto sostengo è ben noto a tutti nell’ ambito curiale ancorché strenuamente taciuto“, conclude.