Poche ore fa, in Commissione parlamentare d’inchiesta sui casi di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, si è aperta l’audizione dell’ex pm Giancarlo Capaldo, già procuratore aggiunto a piazzale Clodio e, dal 2008 al 2015, contitolare dell’inchiesta sulla scomparsa delle due 15enni datata 1983. Un momento cruciale per il lavoro che si sta svolgendo a Roma in queste settimane, come riporta Il Corriere della Sera, potenzialmente capace di portare a una svolta.



Nelle sue dichiarazioni, Capaldo avrebbe parlato anche della sparizione, risalente allo stesso anno e nella stessa Capitale, di altre “54 giovani donne dell’età di Mirella Gregori ed Emanuela Orlandi“. Giovani che non sarebbero state mai ritrovate esattamente come loro. “L’ultima svanisce nel nulla a fine luglio – ha sottolineato –. Qual è la spiegazione? Non è mai stata fatta una analisi“.



Scomparsa di Emanuela Orlandi, Capaldo: “Vicenda personale di Enrico De Pedis, Banda della Magliana non c’entra”

Ma è sul tema del presunto coinvolgimento della Banda della Magliana che l’ex pm Capaldo avrebbe focalizzato una parte chiave della sua audizione in Commissione: “La banda non c’entra – ha dichiarato l’ex magistrato, riporta Il Messaggero -. C’entra Enrico de Pedis ed è una notevole differenza, la vicenda Orlandi è una vicenda ‘personale’ di De Pedis che aveva una questione personale con don Pietro Vergari, nata dalla carcerazione».



Il rapimento di Emanuela Orlandi, secondo la lettura di Capaldo, sarebbe legato quindi a un nodo della sfera personale del boss “Renatino” De Pedis che, riporta ancora il quotidiano, potrebbe aver avuto un ruolo di “manovalanza” senza conoscere lo scopo del sequestro.

Emanuela Orlandi, Capaldo su Accetti: “Personaggio non liquidabile”, conosceva un particolare “intimo” della ragazza

In un altro passaggio della recente audizione di Capaldo in Commissione parlamentare d’inchiesta – iniziata il 18 luglio e in prosecuzione la settimana seguente -, l’ex pm, come ricostruisce Ansa, ha parlato della figura controversa di Marco Accetti – fotografo che si autoaccusò del rapimento di Emanuela Orlandi condannato per la morte del piccolo Josè Garramon (il bimbo travolto e ucciso nel 1983) – definendola “non facilmente liquidabile“.

Proprio in merito ad Accetti, infatti, Capaldo avrebbe espresso la sua convinzione durante l’audizione: “Secondo me erano necessarie ulteriori indagini, non può essere liquidato perché è pur sempre un soggetto che è presente nella vicenda Orlandi fin dal primo momento, ci sono degli interventi, tanto per cominciare le telefonate di Pierluigi, la telefonata di Mario non perché si identifica con Accetti ma perché è la prosecuzione di Pierluigi. Poi, si ripresenta come l’autore delle telefonate effettuate dal cosiddetto ‘Americano’ che non è nient’altri che Accetti“. Secondo Capaldo, inoltre, tra gli elementi che non possono relegare Accetti al profilo del mitomane figurano i comunicati alla famiglia inviati da Boston, dove viveva sua moglie, e il fatto che dopo il suo arresto per il caso Garramon le comunicazioni dell’americano e dei presunti rapitori si sarebbero interrotte. Ma ci sarebbe anche un particolare “intimo” di Emanuela Orlandi che non era agli atti e che neppure i familiari avevano rivelato: Accetti “ha dichiarato la circostanza che al momento della scomparsa Emanuela aveva le mestruazioni e la famiglia lo ha confermato“. Fu inoltre Marco Accetti a consegnare un flauto sostenendo che fosse della cittadina vaticana scomparsa, strumento, ricostruisce Il Corriere della Sera, riconosciuto dai parenti come identico a quello di Emanuela Orlandi.