EMANUELA ORLANDI, LA VERSIONE DELL’EX PORTAVOCE VATICANO
Il Vaticano non ha mai nascosto nulla su Emanuela Orlandi: a ribadirlo è stato il padre gesuita Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticana all’epoca di Benedetto XVI. Ascoltato dalla Commissione bicamerale d’inchiesta che si occupa anche della scomparsa di Mirella Gregori, Lombardi ha ribadito ciò che dichiara da 15 anni, cioè che è stato messo tutto a disposizione degli inquirenti. Nello specifico, ha ribadito di trovare inaccettabile il tentativo di lasciar intendere che ci sia stato un occultamento intenzionale delle informazioni, un’accusa al limite del calunnioso.
Per l’ex direttore della Radio Vaticana, che anche in passato aveva precisato che non ci sono segreti da rivelare, nell’audizione si è detto convinto che l’atteggiamento del Vaticano sia collaborativo e sia condiviso il «desiderio di arrivare alla verità». Lombardi ha anche smentito che non vi siano state risposte alle rogatorie, comunque nella sostanza non si possono avere dubbi sulla collaborazione del Vaticano e che non ci siano segreti conservati in maniera intenzionale.
LE ALLUSIONI SUL PAPA E LA PRESUNTA “TRATTATIVA”
Padre Federico Lombardi ha confermato che inizialmente si pensava che la scomparsa della ragazza fosse legata all’attentato contro Papa Wojtyla commesso dal terrorista turco Ali Agca. Riguardo l’eventuale pista riguardante la possibile presenza di pedofili in Vaticano, l’ex portavoce ha spiegato di non sapere se all’epoca ci fossero indagini o questioni che riguardavano il tema, ritenendo «addirittura infame il fatto di fare allusioni a un Papa in questo campo».
Nell’audizione davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta ha negato una trattativa per l’apertura della tomba di Renatino De Pedis dalla basilica di Sant’Apollinaire, in realtà il Vaticano mostrò disponibilità, non avendo nulla da nascondere. La questione era un’altra: a chi spettasse aprirla. Per Lombardi spettava alla magistratura italiana questo compito, per evitare accuse di manipolazione. Ma Lombardi ha ammesso che non sapeva dell’incontro tra l’ex procuratore di Roma Giancarlo Capaldo e Domenico Giani, allora comandante della Gendarmeria.
LOMBARDI SUGLI APPUNTI TRAFUGATI
A proposito di un fantomatico dossier con presunti segreti sul caso, invece, ha chiarito che in Vaticano fu redatto «un appunto personale» che doveva restare «riservato», destinato solo alla segretario particolare di Benedetto XVI. Tutto partì da un incontro tra il segretario di Ratzinger, monsignor Georg Gaenswein, e il fratello della ragazza scomparsa, Pietro Orlandi, che gli portò il suo libro e lo informò della manifestazione che aveva organizzato, chiedendo poi se il Papa potesse dire qualcosa all’Angelus.
Dunque, Gaenswein parlò con Lombardi che, dal canto suo, scrisse «un’attenta relazione» dattiloscritta in cui si riportava l’atteggiamento di Pietro e le domande non chiare per approfondire le questioni. Ha raccontato di aver scritto il testo a gennaio e di averlo trasmesso via email, un mese dopo vide quell’appunto tra le mani di Pietro Orlandi a “Chi l’ha visto” sulla Rai, quindi chiamò Gaenswein per sapere se avesse dato l’appunto a qualcuno. «Ma entrambi cademmo dalle nuvole», ha raccontato il padre gesuita. Si scoprì che era stato il maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele, a trafugare l’appunto.
PIETRO ORLANDI ALL’ATTACCO
Molto duro il commento di Pietro Orlandi, che ha definito «imbarazzante» il fatto che l’ex portavoce vaticano abbia ribadito che ci sia stata collaborazione da parte del Vaticano sulla vicenda della scomparsa della sorella Emanuela, anche perché proprio i «magistrati italiani» più volte «dissero che purtroppo era mancata totalmente la collaborazione della Santa Sede».
Ma è imbarazzante per Pietro Orlandi anche il fatto che ci siano state risposte alle rogatorie internazionale, visto che quando i magistrati chiesero di ascoltare alcuni religiosi, ci sarebbe stata risposta negativa, anzi avrebbero aggiunto di inviare le domande scritte, cosa che è stata fatta, ricevendo risposte «del tutto inutili a detta dei magistrati italiani», ha concluso il fratello della ragazza scomparsa.