Dietro alla scomparsa di Emanuela Orlandi non c’è una pista familiare. Ad affermarlo con sicurezza, ai microfoni di Quarto Grado, è stato il fratello Pietro, che ha risposto alle accuse rivolte dal Vaticano al defunto zio Mario Meneguzzi, il marito di Lucia Orlandi, la sorella di Ercole, il padre della ragazza. “È una carognata, la cosa più bassa che sia accaduta in questi quarant’anni. Stanno facendo di tutto per allontanare la verità e lo stanno facendo nel modo peggiore, scaricando le responsabilità sulla famiglia. È un’ipotesi smontabile in 30 secondi”, ha affermato.



Le accuse nei confronti di Mario Meneguzzi hanno alla fonte alcune dichiarazioni di Natalina Orlandi, sorella di Emanuela, la quale ha rivelato in passato di avere ricevuto delle avances verbali dallo zio. Anche la donna stessa, tuttavia, ha escluso il coinvolgimento dell’uomo nel rapimento. “È colpa del Vaticano che non vuole la commissione parlamentare. Io ho capito, tornando indietro, che stanno percorrendo questa strada da diverso tempo, anche per come si sono comportati durante il mio interrogatorio. Se loro sono riusciti a controllare la Procura, con la commissione parlamentare non possono farlo. Giuseppe Pignatone, ex capo della Procura di Roma, ha chiesto l’archiviazione del caso contro il parere di coloro che stavano indagando e successivamente è stato promosso a presidente del Tribunale del Vaticano, è un dato di fatto. Una commissione parlamentare invece è composta da 40 persone”, ha aggiunto Pietro. 



Emanuela Orlandi, fratello: “Zio coinvolto? Carognata”. La testimonianza di Pietro Meneguzzi

A parlare della pista familiare per la scomparsa di Emanuela Orlandi è stato anche Pietro Meneguzzi, il cugino figlio di Mario Meneguzzi, il quale ha escluso la possibilità che suo padre fosse coinvolto. “Da qualche giorno prima era in villeggiatura con mia madre e mia sorella. Inoltre, con loro c’era anche mia zia Anna, che non è certamente un testimone di comodo. Questo non era stato detto. Non si sono mai allontanati da lì. La sera del 22 giugno 1983 mio zio Ercole chiamò al telefono fisso di casa mia, dove c’ero soltanto io. Risposi e mi disse che Emanuela non era rientrata. Cercava mio padre, ma gli dissi che non c’era. Convocarono tutti i parenti. Io e mio cugino Pietro Orlandi girammo per tutti i vicoli di Roma. A Piazza Navona c’era un grande concerto, pensavamo che un balordo l’avesse presa. Non era da lei allontanarsi con sconosciuti”, ha ricordato.



Anche Pietro Meneguzzi stesso è convinto che il Vaticano stia sfruttando la pista familiare, che era stata abbondantemente scandagliata ai tempi delle prime indagini, per evitare di finire sotto la lente di ingrandimento. “Io ho saputo in conferenza stampa quello che era stato dichiarato da mia cugina, ma la verità è unilaterale. Mi amareggia non averlo saputo prima. La commissione parlamentare potrebbe scardinare molte cose tenute nascoste. Il Vaticano troverà una falsa verità”, ha concluso.