Pietro Orlandi, fratello di Emanuela Orlandi, in collegamento con Quarto Grado, è tornato a parlare del mistero della cassetta audio fatta trovare alla sede dell’agenzia stampa ANSA il 17 luglio 1983. Al suo interno si sente una voce femminile lamentarsi. “Io la riconosco, è quella di mia sorella, mi è sempre rimasta nella testa. Anche mio padre non ha dubbi, soprattutto quando pronuncia le frasi ‘Mi lasci dormire, per favore’ e ‘C’è sangue, oddio c’è sangue qui’. È lei”, ha affermato con sicurezza a distanza di anni.



Quattro giorni prima del rinvenimento della cassetta audio in questione, un anonimo aveva avvertito un’amica della famiglia della quindicenne in merito alla presenza di un’altra cassetta in un luogo nascosto, ma questa non è mai stata rinvenuta. In base alle ricostruzioni, sarebbe stata ritirata da alcuni funzionari del Vaticano, i quali temevano di essere riconosciuti. Anche l’audio attualmente in possesso della famiglia di Emanuela Orlandi e dei suoi consulenti, inoltre, non è quello originario che hanno analizzato SismiSisde Digos nel luglio del 1983. “Cerchiamo da anni quella vera, ma non esiste più. È sparita. L’ultima volta che è stata esaminata era il 30 del mese. Ora gli audio sono in un cd della Procura”, ha ricordato Pietro Orlandi.



Emanuela Orlandi, il mistero della cassetta: l’appello del fratello Pietro

La differenza tra la cassetta originaria e quella di cui attualmente si dispone l’audio con la voce di Emanuela Orlandi è sostanziale. Nella prima, come raccontano i membri della Digos che la ascoltarono, tra cui l’ex agente Antonio Asciore, c’erano anche delle voci maschili (tre, forse, di cui una che parlava in turco). Nella seconda, invece, c’è solo quella della quindicenne scomparsa. “La cassetta è stata manipolata ed è lecito domandarsi il perché. Probabilmente c’erano delle voci che non dovevano essere riconosciute”, ha riflettuto Pietro Orlandi.



Alla pista della cassetta audio, comunque, non è mai stato dato molto adito nel corso delle inchieste. “A mio padre dissero che si trattava soltanto dell’audio di un film porno. ‘Non ci pensi più. Emanuela non c’entra niente. È stato solo lo scherzo o il lavoro di un mitomane’, queste furono le loro parole. Forse lo fecero per tranquillizzarlo e così accadde, non ne parlammo più”. Adesso, però, degli ulteriori dubbi in merito a quel materiale, che sta venendo esaminato con le nuove tecnologie, sono emersi.