Emanuela Orlandi, acquisita la testimonianza del poliziotto, ex capo della sezione omicidi, Nicola Cavaliere, che indagò sul caso per più di 15 anni, arrivando più volte a scoprire dettagli importanti. Il Corriere della Sera ha pubblicato alcune indiscrezioni sul contenuto dell’audizione in commissione parlamentare, del 13 marzo scorso, secretata interamente, nella quale Cavaliere ha rivelato alcuni particolari dell’inchiesta, concentrandosi soprattutto sulla figura del misterioso telefonista detto “L’Americano“, che venne più volte descritto dai testimoni come un uomo non giovane, che indossava un impermeabile e un cappello Borsalino.
Secondo quanto raccontato, l’uomo sarebbe stato immediatamente individuato, grazie al sistema utilizzato dalla polizia che permise di capire da quale cabina telefonica era partita la chiamata alla Segreteria di Stato del Vaticano, nella quale si stabilivano le condizioni per il rilascio della ragazza rapita. “Ci sfuggì per un soffio“, avrebbe detto il poliziotto, aggiungendo anche che riuscì a scomparire allontanandosi in fretta nonostante avessero inviato tempestivamente una moto e una macchia civetta per accerchiarlo.
Emanuela Orlandi, il poliziotto Cavaliere in audizione: “La pista del convento in Lussemburgo fu un tentativo di depistaggio”
Nella testimonianza di Nicola Cavaliere sul caso della scomparsa di Emanuela Orlandi, emergono anche le conferme dei vari depistaggi che vennero portati avanti da vari soggetti per spostare l’attenzione dei cronisti su piste che in realtà erano infondate come le varie rivelazioni fatte dagli altri due telefonisti Pierlugi e Mario, fatte appositamente per tentare di far perdere tempo ai poliziotti. In particolare quella del convento in Lussemburgo nel quale poteva trovarsi Emanuela nascosta. Una tesi che fu appoggiata anche dallo stesso avvocato della famiglia Orlandi, Gennaro Egidio, di cui ha parlato lo stesso poliziotto all’audizione.
Ricordando vari incontri nel suo studio, e ribadendo il fatto di aver più volte smentito questa ipotesi alla quale già non credeva nel 1993, nonostante il legale continuasse a sostenere di aver ricevuto informazioni da fonti considerate affidabili. Altro ruolo che potrebbe presto essere chiarito è quello di Marco Accetti, il fotografo che confessò di essere stato il telefonista del rapimento, che secondo quanto anticipato dal Corriere della Sera, sarà presto ascoltato in seduta plenaria alla luce di nuovi elementi, e potrebbe fare dichiarazioni inedite.