L’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi si è collegata più volte con quella sulla morte dell’ex moglie del banchiere Rotschild, Jeannette Bishop May, i cui resti furono ritrovati nei boschi vicino a Fiastra dopo una misteriosa sparizione avvenuta durante una vacanza nelle Marche nel 1980. I legami tra i due casi, sono emersi in più occasioni, in particolare sono citati negli atti prodotti negli anni che hanno coinvolto nelle indagini gli ambienti vaticani e dell’alta finanza che la baronessa frequentava. Ora che il “giallo di Sarnano” è stato riaperto dalla Procura di Macerata, che sostiene di aver trovato valide prove per seguire una nuova pista, il Corriere della Sera ripercorre la storia, ricordando quali furono i principali punti in comune tra le due scomparse, principalmente: il crack del banco Ambrosiano e monsignor Marcinkus, la banda della Magliana e un furto avvenuto nella casa d’aste Christie’s di Roma.



Proprio su quest’ultimo, secondo le anticipazioni, si starebbe concentrando la nuova inchiesta riaperta per omicidio, sollevando nuove ipotesi sul movente. Secondo una lettera scritta da Marco Accetti, il fotografo che fu telefonista nella vicenda Orlandi, la baronessa era stata scelta per testimoniare contro Marcinkus, dicendo di avere informazioni sulle attività illecite dello Ior e sui rapimenti di Mirella Gregori e Emanuela Orlandi, apprese durante una relazione con l’arcivescovo, e che per questo sarebbe poi stata eliminata.



Morte baronessa Rotschild, riapertura indagini ricollega il caso alla scomparsa di Emanuela Orlandi

La riapertura delle indagini per la morte della baronessa Rotschild, potrebbe far emergere altre prove che collegano ancora di più la scomparsa dell’ex moglie del famoso banchiere al rapimento di Emanuela Orlandi. Anche se la Procura di Macerata per il momento mantiene il massimo riserbo sulla pista seguita, il Corriere della Sera ha ipotizzato che tra le prove sulle quali si concentrerà l’inchiesta potrebbero esserci anche le famose lettere del fotografo Marco Accetti, che per primo aveva collegato i due casi parlando di un coinvolgimento della baronessa nelle false testimonianze contro Marcinkus.



Un legame che viene citato anche nel memoriale dello stesso telefonista dei rapitori, che confermò la presenza di vari dossier inventati, ai quali avrebbe dovuto partecipare anche Jeanette inventando di aver avuto una relazione con l’arcivescovo e presidente dello Ior costringendolo a rivelare informazioni segrete sulle attività finanziarie. Oltre a questo, come ricorda il quotidiano, resta anche un altro mistero, che è quello di un telegramma che invitava la baronessa ad un appuntamento proprio il giorno del furto alla casa d’aste di Roma, che coincideva anche con il giorno della sua scomparsa. L’incontro era stato fissato un un appartamento legato agli ambienti criminali della mafia e della banda della Magliana, dove poi un altro telegramma indicava che fosse stata portata la refurtiva.