Continuano a rimanere accesi i riflettori sul caso di Emanuela Orlandi, la ragazza scomparsa quarant’anni fa in Vaticano. Il Corriere della Sera ha intervistato Maria Laura Bulanti Garramon, la madre di José, un ragazzino uruguagio di 12 anni che venne ucciso nel dicembre del 1983 da un uomo, Marco Acetti, che trent’anni dopo, a marzo del 2013, si autoaccusò del sequestro proprio di Emanuela Orlandi. Di recente il Vaticano ha deciso di aprire un’inchiesta e a riguardo Maria Laura Bulanti si dice alquanto fiduciosa: «Io sono assolutamente segura che papa Francesco si sta impegnando al massimo per fare luce su tutte queste vicende, lui vuole sempre la verità. Però non so se ci riuscirà. È il Papa, ha un potere enorme, ma ha anche tanti nemici. Lui vuole fare il bene, vuole trasparenza su tutto. Forse anche troppo… E poi – conclude – ha 86 anni, speriamo che il Signore gli dia il tempo…».



Il fatto che Accetti sia presente nei due casi, quello del figlio della donna e quello di Emanuela Orlandi, potrebbe essere chiaramente un indizio. Il fotografo caricò il ragazzino il 20 dicembre del 1983 all’Eur e lo portà con un furgone Ford Transit in direzione Ostia «su ordine di qualche amico massone di suo padre, che era iscritto alla Loggia mediterranea, oppure di qualche faccendiere o criminale mai identificato», aggiunge ancora la donna.



EMANUELA ORLANDI, MARIA LAURA BULANTI E L’ASSASSINIO DEL FIGLIO JOSE’: “MARCO NON ERA SOLO…”

L’obiettivo era di “spaventare” lei e il marito per fermare il loro attivismo contro i regimi di destra che aveva messo entrambi nel mirino delle polizie segrete alleate nel piano Condor: «L’intenzione di Accetti non era uccidere. Sono convinta che voleva essere un’azione, come se dice en italiano?, intimidatoria. Però mio figlio era muy intelligente, tentò di fuggire e quel delinquente lo travolse e abbandonò sul ciglio della strada».

La donna si dice inoltre sicura del fatto che il sequestratore non fosse solo: «Sono segurissima che non era da solo, a bordo del furgone, al momento dell’investimento del mio bambino. C’era anche una sua amica e complice, Patrizia. Tanto che addosso ai suoi abiti furono trovate macchie di sangue. Lei ancora oggi dice molte bugie. No comprendo perché non è stata indagata», accuse che comunque fino ad oggi sono risultate sempre infondate.