Secondo il filosofo Emanuele Coccia l’uomo è un insieme di parti non solo “umane” ma che prendono “spunto” da tutti gli aspetti della realtà: nel 2021 il libro uscito in Francia nel pieno dell’emergenza coronavirus “Metamorfosi” uscirà anche in Italia e tratta della diversità insita sì nell’ambiente ma prima di tutto nella persona umana. Filosofo, docente a Parigi alla Ehess, École des hautes études en sciences sociales, grazie al Corriere della Sera e all’Istituto Italiano di cultura di Rio de Janeiro abbiamo un estratto del libro di Emanuele Coccia nell’occasione del lancio in Brasile del suo nuovo volume dedicato alla diversità umana. «Bruco e farfalla — spiega il filosofo Coccia — sono due corpi che non condividono nulla né da un punto di vista anatomico, né ecologico, né etologico. Due forme di vita completamente diverse. L’uno, il bruco, è un ammasso di tubi digestivi che considera la natura come un enorme Mc Donald’s dove mangiare qualsiasi cosa. La farfalla è una macchina per far sesso». Ma propri questi due elementi così vicini e così lontani dimostrano come la vita possa in maniera molto “semplice” passare da una forma all’altra e questo «non è mai riconducibile a un’identità anatomica o morale».
IL DNA E LE METAMORFOSI
Secondo la visione di Coccia il vero soggetto di ogni metamorfosi in prima battuta è sempre il nostro stesso pianeta: «tutti gli esseri viventi non sono altro che un riciclaggio continuo di corpi in mutamento inarrestabile». Come spiega il filosofo nel suo volume “Metamorfosi», la stessa relazione tra farfalla e bruco sussiste anche tra tutti gli individui di una stessa specie e dalla specie fino al legame con la Terra. «Nascere significa appropriarsi di due corpi che hanno già vissuto, quelli dei nostri genitori, e sottoporli a una seconda vita» spiega ancora Coccia introducendo il su lavoro in Brasile, «Se ogni specie è la metamorfosi di una precedente, significa che ciascuna è un enorme patchwork delle specie che l’hanno preceduta e che la seguiranno. E questo è evidentissimo ad esempio nel nostro Dna che è un bricolage di pezzi che vengono da tutte le forme che la vita ha dovuto attraversare prima di diventare umana». Secondo la visione “provocatoria” di Emanuele Coccia, nel guardarsi in faccia si scopre che non vi è nulla di «puramente umano nell’avere degli occhi, un naso, due orecchie. Condividiamo questi tratti con migliaia di altre specie. Il nostro corpo ci dà l’accesso a una vita che è solo in parte umana perché, in realtà, è multispecifica. Siamo già noi stessi biodiversità». Il legame che intercorre da questa consapevolezza alla “coscienza ecologica” è per Coccia molto breve: «Rivendicarsi parte di una vita planetaria significa rendere secondarie le altre determinazioni identitarie. La discussione è relativamente nuova, cominciata negli anni Settanta e arrivata fino a Greta Thunberg. Tutto sommato sono abbastanza ottimista sul futuro dell’ambiente, ma probabilmente ci vorranno misure giuridiche forti per cambiare radicalmente i costumi».