Emanuele Scieri sognava di fare l’avvocato ma dopo essersi laureato ha prima dovuto fare il militare. Era appena arrivato in caserma a Pisa quando fu picchiato e lasciato morire da solo nell’agosto del 1999. Adesso si parla di omicidio. Finalmente, nelle ultime ore la procura militare di Roma ha concluso le sue indagini chiedendo il rinvio a giudizio per tre superiori di Emanuele. Il caso è stato trattato anche ieri dalla trasmissione Chi l’ha visto che, a 21 anni dalla morte di Emanuele ha intervistato la mamma Isabella Guarino: “Questa attesa forse rende ancora più forte l’esigenza di verità che noi come famiglia abbiamo sempre cercato”. Per la procura militare, Emanuele sarebbe stato ucciso dai suoi superiori avanzando così la tesi dell’omicidio. Il giovane parà si sarebbe potuto salvare se solo fosse stato almeno soccorso? La mamma ha replicato: “Le indagini mettono in evidenza questo, che poteva essere salvato e invece si è tutto nascosto per tre giorni, non è stato scoperto il corpo, lasciato abbandonato. Non solo non è stato curato ma è stato lasciato per tre giorni sotto una scaletta senza che nessuno intervenisse”, ha commentato ancora la donna. Era il 13 agosto quando si sono compiuti i fatti e la mamma di Emanuele sottolinea non solo il dramma del delitto ma anche quello terribile dell’abbandono del corpo del figlio.



EMANUELE SCIERI: 3 INDAGATI, LE INTERCETTAZIONI

La signora Isabella, mamma di Emanuele Scieri, il parà ucciso 21 anni fa nella caserma “Gamerra” di Pisa non riesce ancora a capacitarsi di quanto avvenuto. Ai microfoni di Chi l’ha visto ha commentato: “Non capisco, non riesco ad accettare che loro per tanti anni hanno tenuto sulla coscienza questo assurdo delitto. Mi auspico che si giunga presto alla condanna di questi che hanno provocato la morte di mio figlio Emanuele”. Oltre alla procura militare di Roma sul caso del giovane militare morto in circostanze poco chiare ha indagato anche la procura di Pisa che è riuscita a fare delle intercettazioni molto importanti. Uno degli indagati, intercettato con il padre mentre parla dei suoi anfibi, fa intendere di aver dato ai militare delle calzature nuove. Secondo chi indaga, Emanuele sarebbe stato pestato proprio con degli anfibi, soprattutto sulle mani. Gli inquirenti hanno provveduto al sequestro delle calzature ma uno dei militari parlando con il padre ammette che gli anfibi consegnati sono “nuovi, mai messi”. E quelli vecchi? “Li ho buttati una settimana fa”, dice.

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