Le operazioni di riesumazione del cadavere di Emanuele Scieri si sono concluse questa mattina al cimitero di Noto, in provincia di Siracusa. Presenti anche i familiari del parà trovato morto nell’agosto 1999 nella caserma Gamerra di Pisa. Loro non hanno mai smesso di chiedere verità e giustizia sul caso, ottenendo la riapertura dell’inchiesta. Come riportato da La Nazione, le spoglie – custodite nel cimitero di Noto – sono destinate all’Istituto di medicina legale di Milano. I periti cominceranno nella giornata di domani l’autopsia e le analisi per rispondere ai quesiti posti dai magistrati. L’obiettivo è ricostruire le ultime ore di vita del militare e verificare le responsabilità dei tre e commilitoni della vittima accusati di concorso in omicidio. Nelle prossime ore la famiglia di Emanuele Scieri deciderà se nominare un proprio consulente per partecipare all’autopsia. L’esame sarà eseguito da Cristina Cattaneo, direttrice del laboratorio di antropologia e odontologia forense Labanof di Milano. In passato si è occupata degli omicidi di Yara Gambirasio e Stefano Cucchi, ma anche delle autopsie dei migranti affondati nei barconi nelle acque del Mediterraneo. (agg. di Silvana Palazzo)
EMANUELE SCIERI, LE SPERANZE DEI FAMILIARI
È fissata a sabato l’autopsia sul corpo di Emanuele Scieri, il parà morto in circostanze misteriose 20 anni fa. Il fratello è intervenuto a “La Vita in Diretta”, confidando le sue aspettative: «Speriamo che la medicina forense abbia fatto progressi per provare quello che non è stato provato venti anni fa». Il fratello di Emanuele Scieri ha aggiunto: «Non è stata una morte sul colpo, c’è stata un’agonia e questo pensiero mi distrugge». Poi ha rivissuto il giorno in cui ha avuto la notizia della morte: «Quando sono arrivati i carabinieri è cambiato tutto. Abbiamo subito capito che qualcosa non tornava. Noi lo sentimmo la sera, stava bene». La mamma invece ha parlato in collegamento in diretta: «Ci sentivamo tutte le sere, anche l’ultima sera. Era tranquillo, quindi per noi era impossibile immaginare che potesse suicidarsi. Per noi è devastante il pensiero che potesse essere salvato. Ora vogliamo la verità, gli eventi devono essere ricostruiti in maniera chiara». Infine, si è rivolta a chi potrebbe aver ucciso il figlio: «Non capisco come si possa vivere con questo rimorso: avere abbandonato una giovane vita in modo così violento». (agg. di Silvana Palazzo)
IL GIALLO DELLA MORTE DEL PARÀ
Il corpo di Emanuele Scieri sarà riesumato per una nuova autopsia. Così si spera di fare luce sulle anomalie rilevate dalla commissione parlamentare d’inchiesta in merito alla morte dell’allievo paracadutista di 26 anni trovato morto nella caserma Gamerra il 16 agosto 1999. Le indagini dell’epoca si chiusero con un’archiviazione che fece molto discutere. Ma quella notte, secondo la Procura di Pisa che ha riaperto il caso, avvennero «gravi atti di violenza, non riconducibili a semplice goliardia». Scieri fu prima svestito e poi picchiato con calci e pugni, quindi costretto a salire su una scala alta dieci metri, usata per l’asciugatura del paracadute, da dove precipitò «in conseguenza degli atti di violenza e minaccia in atto». Il caso è stato riaperto nell’agosto scorso dal procuratore capo Sandro Crini e il sostituto Sisto Restuccia, iscrivendo nel registro degli indagati, con l’accusa di omicidio volontario, tre commilitoni di Emanuele Scieri. Ai domiciliari è finito l’ex caporale della Folgore Alessandro Panella, che era capocamerata del militare. È indagato insieme ad altri due militari, Andrea Antico e Luigi Zabara.
L’AUTOPSIA PER CERCARE NUOVE PROVE
Secondo l’ipotesi accusatoria, la tragedia sarebbe frutto di un episodio di nonnino finito male. Il procuratore capo Sandro Crini spiegò in occasione della riapertura del “cold case” che Emanuele Scieri nella caduta si ruppe la colonna vertebrale, ma era ancora vivo, almeno per qualche ora. Secondo gli accertamenti, continuò a respirare per almeno sei ore, se non otto. Ma la nuova autopsia chiarirà tutto e potrebbe dare una svolta alle indagini, perché si potrà stabilire se la morte di Emanuele Scieri è stata immediata o se siano stati i mancati soccorsi a condannarlo a morte. I tre “compagni” comunque lo avrebbero coperto con un tavolo per non farlo trovato subito. Ma «c’era il tempo per soccorrerlo, per questo contestiamo l’omicidio volontario. Non è una congettura, è ricavata dai vecchi accertamenti e attualizzata con quelli peritali della commissione». Inoltre, sulle modalità dei fatti c’è stata condivisione con le testimonianze raccolte.