Per la prima volta nella sua lunga storia l’Europa sembra aver fatto dell’emergenza case una questione centrale nella legislatura nominando addirittura un apposito commissario – il danese Dan Jannik Jørgensen – che avrà il compito di risolvere l’eterno (e sempre più accentuato) problema abitativo che interessa tanto l’Italia, quanto la maggior parte degli altri grandi stati europei; e soprattutto – come dimostrano il caso milanese, quello romano o anche quello fiorentino – le grandi città e le metropoli che rendono vivo il ‘vecchio’ continente.
Interessante – a tal proposito – guardare all’ultimo report fatto da Housing Europe (e citato dal Sole 24 Ore) che mette nero su bianco l’emergenza case europea certificando un generale calo dei permessi di costruzione: i numeri sono quasi tutti a doppia cifra e ci parlano di una Francia in cui nell’arco di un anno i permessi sono calati di più del 24%, che diventa addirittura il 26 in Germania; mentre nel nostro bel paese – che comunque a livello generale alle nuove costruzioni predilige le rigenerazioni – sono diminuiti dell’8% passando dai 60mila permessi del 2022, agli appena 55mila del 2023.
L’emergenza case in Italia: permessi (quasi) bloccati e una legge urbanistica anacronistica
Insomma, pochi (sempre meno) permessi di costruzione che non fanno altro che accentuale l’emergenza case dato che – nuovamente tanto in Italia, quanto all’estero – la domanda abitativa sembra essere in costante aumento; oltre che il più delle volte inascoltata in città che propendono sempre più per diventare degli ‘ostelli’ a cielo aperto, oppure delle mega (e costosissime) città universitarie in cui neppure gli studenti riescono a trovare – quando lo trovano – un alloggio a prezzi abbordabili.
Secondo una stima nuovamente citata dal Sole 24 Ore – e redatta da Scenari Immobiliari e Investire Sgr – per ‘risolvere’ l’emergenza case in Italia da qui ai prossimi 25 anni serviranno qualcosa come 3,65 milioni di nuove abitazioni che avrebbero un costo (addirittura) di mille miliardi di euro: ovviamente le aree maggiormente interessante sono tutti i grandi capoluoghi – quasi con l’1% delle richieste di nuove abitazioni -; ma con Milano che guida la classica detenendo il 5% della richiesta nazionale, seguita dal 3% di Roma.
Tuttavia, il reale nodo da sciogliere prima di dirsi superata l’emergenza case (fermo restando uno scenario improbabile in cui si troverà quell’enorme mole di fondi necessari) è quella necessaria revisione dell’ormai anacronistica legge urbanistica che regole costruzioni e riconversioni nelle città, siglata nel 1942 e poi aggiornata una sola volta negli anni ’60: periodi estremamente diversi e del tutto incompatibili con l’attualità.