“Tu ci chiudi, tu ci paghi”. Sono gli slogan gridati ieri sera in centro a Napoli contro la chiusura annunciata dal governatore della Campania Vincenzo De Luca. È la prima protesta di piazza in Italia contro lo stop imposto dalle autorità per contenere il contagio. Non è l’unica pressione subita dal governo: un centinaio di scienziati, economisti ed esperti a vario titolo hanno scritto a Mattarella e Conte perché siano adottati “provvedimenti stringenti e drastici nei prossimi due o tre giorni” in modo da evitare che si arrivi “a produrre alcune centinaia di decessi al giorno”.



Conte vuole ancora evitare un lockdown generalizzato, ma sulla spinta dei contagi crescenti e degli allarmi che provengono dalle regioni, nel weekend potrebbe arrivare un Dpcm con nuove misure.

Nel suo ultimo punto politico su Repubblica, Stefano Folli ha parlato di “gioco del cerino” tra governo e regioni sulle chiusure. Ma è palazzo Chigi ad avere le maggiori responsabilità.



Per un nuovo lockdown totale è solo questione di tempo?

Probabilmente chi ha sottoscritto la lettera a Conte e Mattarella pensa che arrivare a misure più stringenti regione per regione voglia dire pagare un prezzo troppo alto e di conseguenza chiede misure drastiche più immediate. In questo modo però si torna al potere decisionale del governo centrale.

In primavera era stato Conte a volere il lockdown totale, sia pure in ritardo. Adesso ha cambiato strategia?

È evidente: ha scelto di restare due passi indietro per esporre le regioni. Questo però non impedisce, come è puntualmente successo, che qualcuno esorti il governo ad assumersi le sue responsabilità.



C’è stato uno spartiacque?

Negli ultimi dieci giorni la situazione è peggiorata moltissimo.

È più preoccupante la situazione sanitaria o quella politica?

La situazione sanitaria è grave, di certo il quadro politico è insoddisfacente. Ci sono stati ritardi incredibili, si sono sprecati mesi, è evidente che la responsabilità non è tutta del governo, basta pensare ai 72 ventilatori spariti in Campania, però la responsabilità principale è sua, perché le regioni non sono Stati indipendenti: il controllo e il coordinamento spettano al governo. 

Lei ha scritto che l’unità nazionale sarebbe il bene più necessario, ma che allo stesso tempo è impossibile perché maggioranza e opposizione non lo vogliono.

Al momento non ci sono i segni in questa direzione. Proprio non ne vedo.

Ma a chi tocca favorirla? A chi spetta l’onere di esercitare la cosiddetta moral suasion?

Il presidente della Repubblica si preoccupa di favorire la coesione nazionale, ma non è nei suoi poteri di cambiare il governo o di imporre al governo delle scelte che il governo non si sente di fare. Chi dovrebbe prendere l’iniziativa è il governo. Ma non lo fa.

Perché?

Ho l’impressione che in questo momento il gioco della radicalizzazione piaccia a tutti, governo e opposizione.

Quando lei scrive di unità nazionale auspica solo un tavolo comune anti-Covid o anche un governo che ne sia espressione?

Serve un governo di unità nazionale, cioè un governo in cui tutte le forze politiche si prendano la loro parte di responsabilità. Un tavolo soltanto consultivo, nella situazione in cui siamo, non produce granché; potrebbe però essere un primo passo in quella direzione.

Il governo Conte può cadere a causa del Covid?

Può cadere per un incidente parlamentare dovuto a un crescente senso di inadeguatezza. Oppure, e sarebbe meglio, al termine di un percorso condiviso che parte da quel tavolo ma poi evolve verso una maggiore consapevolezza e produce un nuovo assetto. Ma questo è ancora molto difficile. 

Conte in aula alla Camera ha parlato di resilienza della nostra economia. Si attendono dati confortanti o quantomeno non così negativi.

Solo parole. Il quadro generale non va affatto il quella direzione. La pandemia si somma ad una difficoltà economica spaventosa e non so se reggeremmo ad un nuovo lockdown totale. In ogni caso il prezzo economico e sociale che pagheremo sarà tremendo.

Il Recovery Fund sembra allontanarsi.

Appunto. Visto che abbiamo puntato le nostre carte sui fondi europei per giustificare un minimo di ottimismo, se i fondi si allontanano l’ottimismo non ha più ragione d’essere. 

Come mai secondo lei Gualtieri si è allineato a Conte sul no al Mes? Si è persuaso che è più conveniente finanziarci sul mercato dei titoli di Stato?

Molti esperti lo pensano. Però c’è anche chi sostiene che i tassi bassi sono convenienti in questo momento ma che l’arco temporale che dobbiamo coprire è molto più lungo e non sappiamo che cosa succederà dei tassi nei prossimi tre anni. E poi: ci conviene davvero italianizzare il debito? Non ci converrebbe mutualizzarne almeno una parte, via Recovery Fund?

Tornando a Gualtieri?

Gualtieri pensa a chiudere le cifre del bilancio e ritiene che impiccarsi al Mes significhi complicare le cose. Meglio evitare adesso di mettersi in contrasto con Conte.

Il presidente del Consiglio resterà contrario al Mes?

Lo è perché lo sono i 5 Stelle. Se la sua maggioranza fosse concorde, penso che accetterebbe il Mes in qualsiasi forma.

(Federico Ferraù)