L’Italia è alle prese con due emergenze: una sanitaria e una economica. Osservate con gli occhi dell’Istat, la prima è in fase di affievolimento, “preso atto che il picco di mortalità drammaticamente raggiunto nella seconda metà di marzo sembra progressivamente allontanarsi”, mentre la seconda, giorno dopo giorno, assume sempre più i contorni di una Fase 3 di massima incertezza, con prospettive future cupe: tutti gli indicatori macroeconomici sono in caduta, a partire dal Prodotto interno lordo. L’Istat ha infatti dovuto rivedere al ribasso le stime del Pil italiano nel primo trimestre del 2020 diffuse a fine aprile: -5,3% (un mese fa era -4,9%) rispetto all’ultimo trimestre del 2019 e -5,4% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Flessioni che non si registravano dal primo trimestre del 1995. Fin dove può sprofondare il Pil 2020? “Secondo le nostre previsioni – risponde Gian Carlo Blangiardo, demografo e presidente dell’Istituto nazionale di statistica – nel 2020 il Prodotto interno lordo dovrebbe registrare un’ampia flessione (-8,3%), con una ripresa parziale nel 2021”.



Che cosa sta zavorrando la nostra economia?

Quest’anno la caduta del Pil sarà determinata prevalentemente dalla domanda interna al netto delle scorte (-7,2 punti percentuali), condizionata dalla caduta dei consumi delle famiglie (-8,7%) e dal crollo degli investimenti (-12,5%), a fronte di una crescita dell’1,6% della spesa delle Amministrazioni pubbliche.



Quali sono i settori più in difficoltà?

Nel primo trimestre di quest’anno la contrazione del valore aggiunto è stata pari al 9,3% per il Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione, all’8,6% per l’industria in senso stretto, al 6,7% per le attività artistiche, di intrattenimento e altri servizi.

Nel primo trimestre sono calati anche gli investimenti? Di quanto?

Il totale degli investimenti fissi lordi si è contratto dell’8,1%, con cadute del 21,5% per quelli in mezzi di trasporto e del 12,4% per quelli in impianti, macchinari e armamenti.

Deficit e debito: quanto stanno correndo? 



I dati relativi al Conto trimestrale della Pubblica amministrazione nel primo trimestre 2020 verranno diffusi il 26 giugno. Le stime del Governo per l’intero anno 2020, presentate ad aprile nel Documento di economia e finanza, indicano che l’indebitamento netto si attesterebbe per il 2020 al 10,4% del Pil, un livello mai toccato a partire dagli anni che hanno preceduto la firma del Trattato di Maastricht. In questo nuovo scenario il debito pubblico passerebbe, in rapporto al Pil, dal 134,8% registrato nel 2019 al 155,7% nel 2020.

Le famiglie in Italia sono un soggetto economico importante e un ammortizzatore sociale decisivo: qual è il trend del clima di fiducia delle famiglie? Che cosa le preoccupa?

I dati più recenti sul clima di fiducia dei consumatori, relativi a maggio 2020, confermano un quadro di difficoltà. I consumatori risultano preoccupati soprattutto per la situazione economica complessiva prevalente in questa fase; minori preoccupazioni destano invece, da un lato, la valutazione della propria condizione personale, dall’altro, le prospettive generali.

La disoccupazione è in forte calo, ma il dato è legato all’aumento degli inattivi, coloro che non lavorano e che non cercano lavoro. È un segnale di sfiducia da non sottovalutare?

Non parlerei di sfiducia quanto piuttosto di condizioni oggettive che rendono difficile la ricerca di lavoro. I dati sul mercato del lavoro attualmente disponibili arrivano infatti a coprire il mese di aprile, caratterizzato da un lockdown che ha coinvolto 2,1 milioni di imprese su un totale di 4,4 milioni. È chiaramente una situazione anomala che ha determinato, di fatto, una sostanziale riduzione della ricerca di lavoro. La ricomposizione tra forze di lavoro e inattività è avvenuta in presenza di una decisa riduzione del numero di ore lavorate indotta dai provvedimenti a sostegno del mercato del lavoro e dalle definizioni utilizzate nell’indagine sulle Forze di lavoro, che considera come occupato anche chi è assente dal lavoro (perché in cassa integrazione guadagni). Il numero di ore settimanali effettivamente lavorate pro-capite, riferito al totale degli occupati, ha segnato quindi una decisa riduzione nei mesi di marzo e aprile, quando si è attestato a 22 ore (34,2 era la media del 2019). Per il mese di maggio, e ancor più per giugno, le attese sono di un recupero di ore lavorate e di una progressiva ripresa nelle modalità di funzionamento del mercato del lavoro che dovrebbero portare a un quadro coerente con l’andamento dell’economia.

Anche le vendite al dettaglio sono in caduta (-10,5% ad aprile rispetto a marzo), a causa del forte calo dei prodotti non alimentari. Quanto è importante per la crescita il rilancio dei consumi?

È un fattore di fondamentale importanza. Nel 2020, secondo le nostre previsioni, la spesa per consumi si contrarrà dell’8,3%, con un recupero del 5% nel 2021. Da questo punto di vista, le politiche di supporto ai redditi e all’occupazione rivestono una grande rilevanza, avendo il compito di sostenere il reddito disponibile delle famiglie, e quindi la domanda di consumo, in una situazione di forte perturbazione sull’offerta di beni e servizi. Tra l’altro, una delle caratteristiche della fase attuale, e anche delle prospettive a breve, è la debolezza della domanda estera e degli investimenti, che rende ancora più importante il ruolo di stimolo proveniente dai consumi delle famiglie.

Il secondo Rapporto Istat-Iss sull’impatto dell’epidemia Covid-19 mostra che da gennaio ad aprile 2020 si è ridotta in Italia la mortalità complessiva per tutte le cause. Che cosa ci dicono i numeri di questo Rapporto?

Confermano, parallelamente al calo della frequenza giornaliera dei decessi direttamente diagnosticati come effetto del Covid-19 (complessivamente circa 29mila a fine aprile), il rallentamento nell’eccesso di mortalità nel 2020 rispetto alla corrispondente media nel quinquennio precedente. A marzo tale eccesso era del 48,6%, mentre ad aprile è sceso di circa 15 punti percentuali (33,6%). Il calo più importante del totale dei morti si osserva in Lombardia, circa 25mila casi a marzo a fronte di 16mila ad aprile, e proprio in quelle realtà provinciali, come Bergamo e Lodi, in cui il fenomeno era più presente. Benché permangano aree dove il miglioramento appare più lento, Pavia, Milano, Monza-Brianza, in generale va preso atto che il picco di mortalità drammaticamente raggiunto nella seconda metà di marzo sembra progressivamente allontanarsi.

(Marco Biscella)

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