Il risiko degli aiuti che il governo vuole e può mettere in campo per contrastare gli aumenti dei costi dell’energia e aiutare famiglie e imprese a far fronte al caro bollette si fa sempre più complicato. Dai partiti arrivano molte proposte, l’entità degli interventi dovrebbe aggirarsi almeno intorno ai 20 miliardi, ma il presidente del Consiglio, Mario Draghi, fa muro: a disposizione ci sarebbero 8-9 miliardi, perché il premier vuole evitare un nuovo scostamento di bilancio. Come far quadrare il cerchio?
Per Luigi Campiglio, professore ordinario di politica economica all’Università Cattolica di Milano, la partita del gas va inquadrata in uno scenario più ampio, delicato e complesso: “Il punto chiave è che è l’Ue stessa, non solo l’Italia, a essere sotto il tiro della speculazione. Dunque vanno assolutamente capovolte le aspettative, perché solo a quel punto nessuno potrà più giocare a bastonare l’Europa. Ecco perché questo è il momento di rilanciare con forza il Next Generation Eu, che darebbe una grossa mano anche sul fronte dell’emergenza gas: l’Ue deve dare una risposta coordinata e credibile, come nel 2012 quando Draghi pronunciò le famose parole – Whatever it takes – da presidente della Bce”.
Professore, uno scostamento di bilancio oggi sarebbe una misura molto rischiosa?
Se si riuscisse a trovare una qualche formula che eviti uno scostamento, sarebbe meglio.
Non possiamo permettercelo a causa di un’inflazione galoppante e di una speculazione degli hedge fund che ci ha messo nel mirino?
Basta guardare il mitico spread, che infatti è aumentato. Lo short selling della speculazione rischia purtroppo di introdurre una situazione che era quella del 2010: ecco perché è meglio non rischiare.
Una situazione di grave rischio?
Diciamo una situazione in bilico, perché alcune caratteristiche della crisi politica e del rallentamento economico in atto “assomigliano”, anche se non nella stessa misura, a quello che è accaduto allora.
Gli hedge fund puntano l’Italia?
Il punto chiave è che gli hedge fund oggi sostengono che l’Europa è in difficoltà e che il suo anello debole è proprio l’Italia.
Ma questo anello debole può davvero saltare?
No, non salterà. Altrimenti, salta l’intera Europa. Pagherebbero tutti, e non solo l’Europa.
C’è allora una via di uscita?
Anche se non abbiamo un Draghi alias in grado di stoppare la speculazione come quando da presidente della Bce pronunciò le famose parole “whatever it takes”, sì, una via d’uscita c’è. Come allora con quella frase, anche oggi è importante pronunciare parole credibili da parte di un rappresentante prestigioso di tutta l’area euro, facendo capire ai mercati: se volete giocare con il fuoco, siamo pronti.
Facile a dirsi, molto difficile a farsi…
Occorre individuare una soluzione concordata a livello europeo e abbiamo bisogno di una figura autorevole che parli a nome dell’Europa stessa. Ripeto: quelle parole di Draghi hanno rovesciato dall’oggi al domani il quadro delle aspettative. Va fatto questo, va bloccata questa scommessa della speculazione.
Che cosa suggerisce di fare?
L’Europa in questo momento dovrebbe dare un segnale importante di duplice coordinamento: deve mostrarsi unita, da un lato, fra i diversi Paesi, dall’altro, nella politica monetaria e nelle politiche fiscali. La spia rossa accesa sul cruscotto non è un allarme che riguarda solo l’Italia, ma tutta l’Europa.
A proposito di politica monetaria, la prossima settimana la Bce si riunirà e si profila l’ombra lunga e minacciosa di un aumento dei tassi. Si andrebbe nella giusta direzione?
Non è facile rispondere. A mio avviso, la Bce potrebbe dare un colpo al cerchio e uno alla botte: accontentare la voracità dei mercati finanziari con un piccolo aumento, quasi allineandosi alla Fed, ma senza dare alcun segnale di “durezza”, come ha fatto Powell negli Usa. Sarebbe una scelta che i mercati accoglierebbero senza tanti turbamenti.
Torniamo all’Italia e alla questione delle misure da adottare per contrastare i folli aumenti del prezzo del gas. Draghi non vuole tassare gli extra profitti delle imprese dell’energia. Cautela condivisibile?
Avrà le sue ragioni. Mi permetto però di sottolineare che esiste l’Arera, l’Agenzia dell’energia, che ha fra i suoi compiti – e sarebbe opportuno che Draghi, persona molto attenta al ruolo delle istituzioni, ne tenesse conto – anche la mission di garantire o favorire al meglio la concorrenza. Non si possono cioè più tollerare grandi distonie all’interno dei Paesi anche e soprattutto sul fronte delle politiche dei prezzi e delle quantità. Prezzi e quantità, tra l’altro, che emergono in un contesto che di concorrenziale ha ben poco. È un mercato monopolistico, che tratta una merce base, delicatissima, utilizzata da imprese e famiglie, in cui a trarre vantaggio in misura significativa sono sì gli speculatori, ma anche le aziende del settore.
Può aiutare un meccanismo di price cap?
Bisognerebbe andare un po’ più in là, ma anche in questo caso la risposta deve essere europea. Partendo dalla domanda: le sanzioni alla Russia funzionano davvero?
La sua risposta?
È un gioco a somma zero: il benessere in Europa è negativo, e lo si sa, come mostrano i dati dell’inflazione, e probabilmente lo è anche il benessere dei cittadini russi, ma notizie non ne abbiamo. Occorre uscire dalla trappola con modalità di cooperazione che oggi ancora non abbiamo.
Sull’emergenza gas resta il nodo di come aiutare concretamente imprese e famiglie italiane. Dai partiti le proposte non mancano: c’è chi vorrebbe un contratto luce sociale per le famiglie con redditi medio-bassi, chi propone di seguire il modello Francia, con un tetto alle bollette del 4%, chi avanza l’idea di un taglia bollette che consenta alle piccole imprese fino alla fine dell’anno di vedersi pagato dallo Stato l’80% dell’importo. E anche il Governo sta pensando un nuovo decreto per procrastinare il credito d’imposta per le aziende energivore, così come il taglio delle accise carburanti o la rateizzazione delle bollette…
Nell’immediato la misura più sensata e la più praticabile è la rateizzazione delle bollette: se a famiglie e imprese, quando arrivano importi astronomici, si desse la possibilità di spalmare il pagamento su 10 rate, ne avrebbero un po’ di sollievo.
E sul medio periodo?
Vorrei solo ricordare che già nel 1973 la Banca d’Italia, in pieno shock petrolifero, ricordava che il miracolo economico italiano era legato anche ai bassi costi per l’energia e che quindi andava stimolata l’innovazione tecnologica verso nuove fonti… È inutile però piangere sul latte versato.
Senza uno scostamento di bilancio, il governo Draghi e soprattutto il governo che si insedierà dopo le elezioni del prossimo 25 settembre hanno di fronte una sola alternativa per fronteggiare il caro energia: proseguire con l’attuale politica dei piccoli stanziamenti, dai bonus agli sconti sui carburanti. Non è come dare un’aspirina ogni tanto per curare una malattia grave?
Davanti a tutto questo perché non pensare a un rilancio deciso del Next Generation Eu, che purtroppo è inciampato nella pandemia e nella guerra in Ucraina? Del resto, non vogliamo che la prossima generazione non diventi una generazione sfortunata? Bisogna trovare il modo di sostenere in modo robusto ciò che già esiste. Ecco perché mi auguro che presto al tavolo di Bruxelles si decida di finanziare un piano di rafforzamento, non un nuovo piano, del Next Generation, che anche nel breve potrebbe aiutare ad affrontare questa emergenza del gas. Altrimenti si corre il rischio che questa stessa iniziativa possa andare in fumo. Possiamo permettercelo?
(Marco Biscella)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.