I Paesi dell’Unione Europea stanno articolando una reazione alla guerra dei prezzi dell’energia eccessivamente frammentata e poco efficace per vincere la straordinaria sfida in atto. Dopo l’accordo sulla solidarietà energetica franco-tedesca dello scorso 5 settembre, la scorsa settimana la Germania ha annunciato un intervento di 200 miliardi di euro per stabilizzare i prezzi dell’energia, pari al 5,6% del Pil (qui il confronto internazionale di Bruegel aggiornato al 21 settembre). La minore pressione dei costi per le imprese tedesche determina uno squilibrio per la concorrenza, generando un vantaggio competitivo rispetto al sistema manifatturiero italiano; come dichiarato dal presidente del Consiglio Draghi una risposta congiunta alla crisi energetica permette “di evitare pericolose e ingiustificate distorsioni del mercato interno”.



Una posizione, quella italiana, sostenuta dai commissari europei Breton e Gentiloni, ma che registra la contrarietà di Germania e Olanda. L’Europa, inoltre, fatica a trovare una posizione comune per un tetto al prezzo del gas. Dopo una richiesta alla Commissione europea di un price cap di 15 Paesi dell’Unione Europea, tra cui Italia, Francia e Spagna, nel Consiglio europeo dell’energia del 30 settembre non è stata trovata una sintesi, che sarà difficile da individuare anche nel Consiglio europeo informale del 7 ottobre. In parallelo, non si registrano ancora ricadute concrete dell’“accordo del Quirinale” siglato tra Italia e Francia nel 2021, e nel quale era previsto “un coordinamento nei principali settori della politica economica europea”, tra i quali l’energia.



Gas-economy – Nella prospettiva invernale l’Italia potrebbe subire possibili razionamenti del gas – tra ottobre e marzo mediamente si concentra il 63,1% della domanda – associati ad ulteriori spinte di prezzo. Nel frattempo l’Italia ha anticipato a fine settembre rispetto alla scadenza di fine autunno il raggiungimento del target del 90% degli stoccaggi di gas. Lo spazio di stoccaggio è di circa 13,1 miliardi di metri cubi di gas, a cui si aggiungono 4,6 miliardi di riserve strategiche.

Nel caso di una interruzione completa delle forniture di gas dalla Russia a partire da ottobre, la Nota di aggiornamento al Def 2022 prevede un ulteriore aumento del 20% dei prezzi dell’energia e una riduzione della crescita del Pil rispetto allo scenario di base di 0,2 punti percentuali nel 2022 e di 0,5 punti percentuali nel 2023. Da una rassegna dell’Upb di inizio agosto emerge che, con differenti scenari di interruzione del gas dalla Russia, l’impatto recessivo nel 2023 arriva fino a 3,8 punti di Pil.



La bolla dei prezzi – Il cruscotto dei prezzi delinea un quadro drammatico per i costi del gas di imprese e famiglie. Dopo il picco di agosto, il prezzo europeo del gas (TTF) a settembre risulta più che triplicato (+207,5%) rispetto un anno prima. Ad agosto 2022 il prezzo alla produzione di gas sale del 212,5% su base annua mentre quello a settembre al consumo cresce del 60,3%, ma con una previsione di incrementi fino al 100% per l’ultimo trimestre dell’anno.

La dipendenza dal gas – L’Italia affronta il difficile inverno 2022-2023 con un’elevata dipendenza dal gas, combustibile che contribuisce per il 40,9% del totale delle fonti energetiche e per il 52,9% della generazione elettrica (ultimi dodici mesi a giugno 2022), quest’ultima quota ampiamente superiore al 14,0% della Germania e il 6,6% della Francia.

Negli ultimi dodici mesi ad agosto 2022, la domanda del gas in Italia è pari a 75,3 miliardi di metri cubi, di cui solo il 4,4% è coperto dalla produzione nazionale, un apporto più che dimezzato rispetto all’11,5% di dieci anni prima.

Nella tempesta dei prezzi in corso, l’Italia fatica più degli altri Paesi europei a fare economie nell’uso del gas: nei primi 7 mesi del 2022 l’Unione Europea a 27 ha ridotto il consumo di gas del 10,4% su base annuale, la Germania addirittura del 12,9%, mentre il calo si ferma al 2% per l’Italia.

L’incidente del Nord Stream rimette al centro del dibattito la questione della sicurezza della forniture di gas, per le quali i gasdotti rappresentano un asset strategico. Secondo il Piano Decennale 2022-2031 pubblicato da Snam, la rete del gas europea è costituita da circa 200mila chilometri di gasdotti, mentre il sistema infrastrutturale italiano è costituito da una rete di oltre 35mila chilometri di gasdotti, 13 impianti di stoccaggio del gas naturale attivi, 3 terminali di ricevimento e rigassificazione di GNL e una rete di distribuzione di oltre 260mila chilometri di lunghezza.

Le importazioni di gas sono pari a 74,6 miliardi di metri cubi (ultimi dodici mesi a agosto 2022), di cui 62,9 miliardi, pari all’84,3%, sono via gasdotto, mentre il restante 15,7% si riferisce a gas naturale liquefatto (GNL) diretto ai terminali di ricevimento e rigassificazione di Panigaglia, Cavarzere e Livorno. Nei primi otto mesi del 2022 le importazioni sono salite del 3,9% rispetto allo stesso periodo del 2021, aumento completamente determinato dal +26,7% dell’import di GNL mentre registra una “crescita zero” il flusso in ingresso attraverso i gasdotti. Il maggiore acquisto di gas naturale liquido – i principali fornitori sono il Qatar e gli Stati Uniti – rappresenta un contributo alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento.

Secondo i dati del Mite, via gasdotto, nei primi otto mesi del 2022 scendono del 39,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente i flussi di gas immessi a Tarvisio provenienti dalla Russia, mentre calano del 28,6% quelli immessi a Gela provenienti dalla Libia. In contro bilanciamento, sono quintuplicate (+412,1%) le immissioni provenienti da Olanda e Norvegia in ingresso a Passo Gries, mentre salgono del 61,3% quelle dall’Azerbaijan, attraverso il TAP e con immissione a Melendugno; in salita (+7,3%) anche le importazioni immesse a Mazara del Vallo provenienti dall’Algeria, che nel 2022 diventa il primo partner dell’Italia per le forniture di gas.

Lo scacco del gas in Libia – Nella geopolitica energetica l’Italia ha perso una importante partita nel corso della lunga crisi libica: nel 2022 l’import di gas in ingresso a Gela proveniente dalla Libia è un terzo di quello del 2015. Se l’Italia avesse disposto del gas importato dalla Libia nei primi otto mesi del 2015, le importazioni di gas dalla Russia nei primi otto mesi di quest’anno si sarebbero potuto ridurre di due terzi (-65,6%).

Il paradosso dell’aumento dell’export – Nonostante la grave crisi energetica in corso, nei primi otto mesi del 2022 l’export di gas è più che triplicato (+283,3%), arrivando a 2,3 miliardi di metri cubi, che equivale ai consumi di gas di imprese e famiglie dell’intero Piemonte.

I player e i contratti – Secondo la ricognizione della Relazione 2022 di Arera, il 90,4% delle importazioni nel 2021 è realizzato da sei società: Eni, con una quota del 48,4%, è la prima impresa importatrice di gas, seguita da Edison con 15,7%. La Relazione segnala che le importazioni dalle borse europee si limitano al 2,8%. La struttura dei contratti di importazione evidenzia che nei due terzi dei casi (66,2%) i contratti sono di lungo periodo, la cui durata intera supera i 20 anni, mentre quelli con durata inferiore a cinque anni si limita al 14,3%, di cui il 12,0% per importazioni spot, di durata inferiore all’anno.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI