Agli interventi per il sostegno dell’occupazione previsti nel nuovo decreto “imprese, lavoro e professioni”, varato ieri dal Consiglio dei ministri, vengono riservati 5 miliardi di euro per finanziare le iniziative di sostegno al reddito dei lavoratori dipendenti, completando la copertura dei provvedimenti già adottati con il precedente Decreto sostegni recentemente convertito in legge dal Parlamento, e per rafforzare gli interventi finalizzati a contenere gli effetti negativi sull’occupazione in uscita dalle scadenze dal blocco dei licenziamenti. 



Queste ultime vengono riconfermate per il 30 di giugno p.v., per i settori e le aziende che possono usufruire in modo ordinario delle casse integrazioni (con l’eccezione delle imprese che richiedono entro il mese di giugno un ulteriore utilizzo della cassa integrazione con la causale Covid, per le quali la scadenza del blocco viene prorogata al 28 di agosto), e al 31 di ottobre per tutte le altre imprese che utilizzano esclusivamente le Cig in deroga finanziate dallo Stato per la causale Covid. C’è quindi la conferma della volontà del Governo Draghi di imprimere una svolta riguardo la natura puramente difensiva dei provvedimenti sinora adottati, per cominciare a impostare quelli finalizzati a sostenere la ripresa delle attività produttive e dei nuovi investimenti.



Il completamento di quelli rivolti a sostenere il reddito dei lavoratori e dei disoccupati si concretizza: nell’estensione di ulteriori 6 mesi della cassa integrazione per le crisi aziendali precedenti alla fase Covid, per offrire un ulteriore spazio temporale per la ricerca di nuove soluzioni imprenditoriali per la gestione delle imprese; nella sospensione fino alla fine dell’anno del meccanismo temporale di decurtazione progressiva dell’indennità di disoccupazione (Naspi); nella proroga ulteriore di due mensilità per le indennità destinate ai lavoratori stagionali del turismo, dello sport e dello spettacolo e di 4 mesi per il reddito di emergenza, lo strumento che affianca provvisoriamente quello di cittadinanza negli strumenti finalizzati a contrastare la povertà delle famiglie. Nelle intenzioni dell’Esecutivo questi nuovi provvedimenti, analogamente a quelli contenuti nella parte prevalente del decreto dedicata ai ristori per le imprese e per i lavoratori autonomi, sono destinati a completare il quadro dei sostegni al reddito delle imprese, dei lavoratori e delle famiglie per tutto il 2021.



Gli interventi finalizzati a contenere gli effetti negativi del blocco dei licenziamenti si propongono l’obiettivo di incentivare la sottoscrizione di accordi aziendali tra le imprese e le organizzazioni sindacali per evitare gli esuberi di personale, e i licenziamenti per motivi economici, a fronte di significative perdite di fatturato (almeno il 30% rispetto alla fase pre-Covid). In tal senso vengono potenziati i contratti di solidarietà, che prevedono una riduzione degli orari pro capite per il complesso degli occupati, aumentando dal 60% al 70% il contributo compensativo a carico dello Stato per ridurre l’impatto negativo sui salari dei lavoratori corrispondente alle ore non lavorate.

Il secondo intervento prevede l’estensione alle aziende con almeno 100 dipendenti (rispetto agli attuali 250) per la sottoscrizione dei cosiddetti contratti di espansione, che prevedono l’erogazione di assegni straordinari per accompagnare verso il pensionamento anticipato i lavoratori che possono maturare i requisiti nel corso dei prossimi 5 anni, compensando parte delle uscite con nuove assunzioni di giovani. Per questa fattispecie, gli oneri a carico delle imprese vengono parzialmente compensati dallo Stato con l’erogazione delle indennità di disoccupazione equivalenti e con ulteriori sgravi contributivi.

La vera novità nel nuovo decreto, è rappresentata dall’introduzione del “contratto di rioccupazione”, un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, finalizzato all’assunzione dei disoccupati, con un periodo di prova di 6 mesi da utilizzare per l’addestramento dei lavoratori interessati, completamente sgravato dai contributi sociali per il medesimo periodo, per un importo massimo di 6.000 euro, e che possono essere cumulati con gli ulteriori incentivi previsti per l’assunzione di giovani, donne, e disoccupati nei territori svantaggiati. Il mantenimento della nuova agevolazione per le imprese viene condizionato alla conferma dell’assunzione dopo il periodo di prova, e all’assenza di licenziamenti di altro personale dipendente nel medesimo periodo.

L’impatto di questi provvedimenti sull’occupazione, per quanto importante per i lavoratori direttamente coinvolti, riguarda poche decine di migliaia salvaguardati con i contratti di solidarietà e di espansione. Un numero limitato rispetto al potenziale dei lavoratori a rischio, oltre 500 mila secondo una recente stima pubblicata da Banca d’Italia, con la fine del blocco dei licenziamenti. L’impatto del nuovo contratto di rioccupazione è più difficile da stimare, dato l’affollamento degli incentivi che sono stati introdotti per agevolare le nuove assunzioni a tempo indeterminato per giovani, donne e territori svantaggiati, per la durata limitata del periodo di sperimentazione (fino al 31 ottobre 2021) e per le incognite derivanti dalle modalità di applicazione rinviate alla stesura di un apposito decreto attuativo del ministro del Lavoro.

Nel complesso le misure per la tutela dell’occupazione non si discostano dalle caratteristiche di quelle tradizionalmente utilizzate nel corso delle precedenti crisi economiche: prevalentemente concentrate sulle aziende e i lavoratori già maggiormente tutelati, con un’abbondante iniezione di sostegni al reddito, orientate ad anticipare la pensione per i lavoratori di genere maschile, con l’utilizzo degli sgravi contributivi per le assunzioni in assenza dei percorsi strutturati rivolti a qualificare le risorse umane.

Allo stato attuale il potenziamento delle politiche attive, più volte preannunciato, rimane confinato all’aumento delle risorse legate ai nuovi fondi europei, veicolati verso le regioni sulla base di obiettivi generali e con modalità che hanno prodotto nel passato scarsi risultati nel mercato del lavoro. Il commissariamento dell’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal), inserito nell’attuale decreto, potrebbe essere l’occasione per costruire finalmente una governance condivisa dagli attori istituzionali e quelli privati e sociali per la gestione delle risorse. Ma purtroppo, allo stato attuale, il tema non viene nemmeno preso in considerazione.

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