La grave situazione di siccità sta mettendo in pericolo il nostro sistema agricolo, oltre ai disagi per i comuni cittadini. Una crisi idrica che non si era mai registrata a questo livello, il 40-50% di quantità di acqua piovuta in meno rispetto alle medie degli ultimi anni, e fino al 70 per cento di neve in meno.
Vengono annunciate misure estreme, come il razionamento diurno dell’acqua, mentre viene ufficializzato lo stato di crisi ormai in quasi tutta la penisola. In realtà, come ci ha detto in questa intervista il professor Roberto Ranzi, Ordinario di Costruzioni Idrauliche, Marittime e Idrologia all’Università di Brescia, “non è corretto dire che sia piovuto di meno. Il vero problema è l’innalzamento delle temperature che porta di conseguenza a una maggiore evaporazione delle acque”. Ma certamente è da ripensare, ci ha detto ancora, l’attuale sistema di colture agricole e la loro irrigazione.
Situazione idrica gravissima. Ci può dire se è colpa delle scarse precipitazioni o se manca invece un progetto adeguato di conservazione delle acque piovane?
Sicuramente le precipitazioni a cominciare da quelle nevose sono state estremamente scarse. Purtroppo le previsioni meteo a uno, due mesi di distanza sono ancora poco affidabili, ma certamente a marzo, guardando appunto alla scarsa nevosità dell’inverno, si poteva intuire che le acque dei fiumi e dei laghi si sarebbero ridotte. Probabilmente si sperava in precipitazioni che invece non ci sono state.
Ci può dire come è la situazione in Lombardia?
La situazione del bacino del Po è abbastanza preoccupante, siamo a livelli molto bassi. Siamo a livelli minimi per quanto riguarda il lago Maggiore, invece lago di Como, lago di Iseo e di Idro sono a livelli bassi ma già raggiunti in passato. Infine il lago di Garda è in condizioni accettabili. Le magre del Po e dei laghi lombardi ad eccezione del Benaco, comportano una riduzione delle disponibilità per gli usi irrigui in agricoltura, ma anche per i sistemi di raffreddamento delle centrali termoelettriche costrette a sospendere la produzione. Aggiungo che il riscaldamento globale renderà più frequenti questi episodi e le siccità nel bacino del Po come quelle degli anni ’40 e di inizio millennio saranno più frequenti.
Quindi non è un disastro ovunque?
No. Il punto come dicevo è che abbiamo avuto un inverno molto poco nevoso, siamo ai minimi storici degli ultimi 15, 20 anni. Questi problemi saranno frequenti perché stiamo osservando ormai da diversi decenni una diminuzione dei flussi dei maggiori fiumi lombardi.
Per quali motivi?
Per vari motivi. Come ci confermano numerosi studi è un dato di fatto l’aumento delle temperature. Di conseguenza aumentano le perdite dovute all’evaporazione. In realtà piove, ma per via del caldo una parte sempre maggiore dell’acqua torna in atmosfera. Le piogge medie non sono diminuite ma abbiamo maggiori cause di evaporazione quindi nei fiumi c’è meno acqua rispetto al passato, circa un 10, 15% in meno delle portare rispetto all’inizio del secolo scorso. L’Italia non è un paese povero d’acqua ma la pressione antropica e il riscaldamento climatico rendono urgente uno sforzo per razionalizzare l’uso della risorsa idrica investendo in ricerca, ammodernamento delle infrastrutture, riduzione dei consumi e aggiornamento delle pratiche irrigue.
La conservazione delle acque piovane è deficitaria o no?
Le acque piovane sono immagazzinate nei grandi serbatoi e nelle dighe. La regolazione dei grandi laghi lombardi per supplire alle domande dell’agricoultura è gestita bene, il personale incaricato è affidabile. Manca proprio la risorsa, l’acqua per via della scarsità delle precipitazioni nevose.
Il razionamento diurno dell’acqua che viene invocato a gran voce dagli amministratori è davvero importante? Quanto incide l’uso dell’acqua usata per inaffiare i giardini, lavare le automobili, per il riempimento delle fontane?
Non incide in maniera così importante. Certamente limitando la domanda di acqua a valle si limita lo spreco, per cui rispettiamo la domanda di acqua che ha l’agricoltura e chiudiamo l’innaffiamento dei nostri giardini privati. Ma il problema non si risolve in una sola estate.
Quindi? In che modo si può risolvere?
Va ripensato l’attuale uso delle acque. L’uso maggiore è quello per l’agricoltura, quindi domandiamoci se possiamo permetterci il lusso di coltivare a mais per sostenere la zootecnica oppure se è il caso di diffondere l’uso delle leguminose o di altre colture meno bisognose di acqua. Un discorso serio lo affronterei in questo termini.
Però vorrebbe dire cambiare un intero sistema economico, no?
Deve ovviamente essere un discorso basato sulla sostenibilità economica. Bisogna valutare se il reddito di una soia o di una leguminosa vale quanto la zootecnia. Un altro tema è a parità di coltura se è giusto irrigare a pioggia o a scorrimento.
Cioè?
Irrigare a pioggia comporta perdite per evaporazione. Si può invece pensare di far arrivare l’acqua con l’irrigazione di precisione dove e quando serve esattamente. L’irrigazione a pioggia è più razionale perché fa arrivare l’acqua direttamente sulla pianta, C’è però un problema specifico nella Pianura Padana.
Quale?
Dai tempi dei monaci benedettini e di Leonardo da Vinci è stato realizzato un sistema irriguo di distribuzione delle acque prelevate dai fiumi. Questo sistema permette di ricaricare le falde acquifere, ma se rinunciamo a questo sistema si abbasseranno le falde acquifere, e questo sarebbe un problema.
Ci sono altre tecniche di irrigazione?
Ci sono, per certi aspetti antiche ma allo stesso tempo innovative, come la ricarica controllata dei serbatoi acquiferi. Lo facevano gli arabi quando occupavano la Spagna, particolarmente in Sierra Nevada, erano bravissimi a gestire le risorse idriche. Utilizzavano le acque superficiali dei fiumi che andavano verso il mare e quindi andavano sprecate, deviandole per ricaricare le falde. Con questa ricarica delle falde tesaurizzavano la risorsa idrica che veniva restituita nel momento della necessità.