Bruxelles resta un parco giochi per spie“. Così Politico punge l’Unione europea alle prese con lo spionaggio, anche russo e cinese. La capitale belga sarebbe piena di spie. Si aggirano nei bar vicini alla sede della Commissione Ue, negli eventi dei think tank e pure nelle sale stampa durante i briefing dell’Ue, che dal canto suo sta provando a rafforzare gli sforzi per difendersi. Il problema è che chi è incaricato di affrontare il problema può fare davvero poco. Ad esempio, nessuno sa davvero quante spie ci sono nella capitale dell’Ue. Peraltro, Bruxelles offre suo malgrado potenziali storie di copertura a causa dei numerosi intrecci internazionali. Infatti, non ospita solo le istituzioni Ue e Nato, ma anche circa 100 organizzazioni internazionali e 300 missioni diplomatiche straniere. Ci sono 26mila diplomatici registrati, secondo i dati del ministero degli Esteri del Belgio, ognuno dei quali è una potenziale spia.



Il passaporto diplomatico è la migliore copertura, perché gli consente di stare a contatti con alti funzionari, ma sono soprattutto protetti dai procedimenti penali previsti dalla Convenzione di Vienna. I funzionari della sicurezza belga stimano che in alcune ambasciate tra il 10-20% dei diplomatici siano agenti dei servizi segreti. Anche i lavori accademici o nei think tank, dove si viene pagati per ottenere informazioni e analizzarle, sono coperture allettanti. Così come il giornalismo, visto che garantisce accesso a eventi e possibilità di avvicinarsi a funzionari chiave. Sempre secondo i servizi di sicurezza belgi, ben un giornalista cinese su cinque di quelli che lavorano a Bruxelles è sospettato di essere un agente dei servizi segreti. Secondo quanto riferito da Politico, il numero di spie cinesi sospettate di operare a Bruxelles è talmente alto che alcuni lo considerano una specie di scherzo.



PERCHÈ È DIFFICILE “STANARE” LE SPIE A BRUXELLES

Ma a chi compete “stanarle”? Nella maggior parte dei casi, la cattura delle spie che agiscono nella comunità internazionale di Bruxelles spetta al governo belga. Commissione Ue, Consiglio europeo, Parlamento europeo e NATO hanno ciascuno il proprio ufficio di sicurezza, che lavora per impedire alle spie di penetrare nei loro edifici e accedere a documenti sensibili. Ma non c’è un’agenzia di intelligence formale dell’UE, né un’organizzazione ombrello che coordini i 27 servizi di spionaggio nazionali del blocco. Non a caso c’è chi chiede all’Europa di creare un organismo simile alla CIA americana, ma l’ipotesi resta remota, perché i governi dei Paesi membri sono riluttanti a condividere informazioni. Quindi, il grosso della responsabilità ricade sul Servizio di sicurezza dello Stato belga e sui colleghi militari del Servizio generale di intelligence e sicurezza, che collaborano con 120 servizi di 80 Paesi nella loro caccia alle spie.



LA CACCIA ALLE SPIE DEL BELGIO

Il Belgio, che ormai ha una storia consolidata di lotta alle spie, vuole rendere Bruxelles un “ambiente operativo ostile” per le spie straniere. Infatti, è stata approvata una legge che concede ai funzionari della sicurezza un maggiore margine di manovra nelle indagini. Secondo il ministro della Giustizia Vincent Van Quickenborne, che è anche responsabile della sicurezza dello Stato, la legge darà loro “più autorità per gli interrogatori, metodi più intrusivi, ma sempre sotto l’autorità della legge“. Ad esempio, le fonti dei servizi di sicurezza di Stato potranno partecipare a manifestazioni vietate per tenere d’occhio i loro obiettivi. Inoltre, il servizio di sicurezza statale belga raddoppierà quasi il suo personale fino a mille persone entro il 2024, ma non è stato rivelato quanti lavoreranno nel controspionaggio. Van Quickenborne dovrebbe anche presentare una nuova legge che faciliti l’azione penale ampliando la definizione di spionaggio, visto che di per sé non è classificato come reato in Belgio. Difficile però riuscire a competere con la Cina, anche per questo gli agenti del controspionaggio belga agiscono in silenzio. Ma una cosa è certa: “Lo spionaggio non è fantascienza“, assicura Nicolas Fierens Gevaert, portavoce del Ministero degli Affari Esteri belga. È invece “un rischio tangibile e reale“, motivo per il quale ritiene fondamentale proteggersi da esso.